Rocinha – In Brasile il calcio è lo sport popolare, ma il lato oscuro di questi Mondiali 2014 è nelle favelas, tra i bambini che vivono situazioni disagiate economicamente e psicologicamente. A comunicare le condizioni di cui stiamo parlando è stata Barbara Olivi, ex-agente immobiliare di Milano che ha rinunciato ad una vita agiata per recarsi in una favela di Rio de Janeiro, dove ha fondato l’onlus “Il sorriso dei bimbi”. E’ proprio dalla cittadina di Rocinha che questo disagio “nascosto” al mondo è stato descritto dalla donna.
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“Nel Paese il calcio è lo sport popolare per eccellenza“, afferma Barbara, “ma questo torneo è solo per i ricchi. Lo spirito della Coppa, qui, ancora non si sente e non potrebbe essere altrimenti, poiché finora abbiamo pagato le conseguenze dell’evento.” La denuncia della donna, che vive da 14 anni nel paesino, risuona molto grave: ella sostiene che i Mondiali non allevino la sofferenza dei bambini sotto le sue cure, ma anzi ne accrescano il disagio. I cittadini locali non possono ribellarsi a tale soppressione poiché preme anzitutto la sopravvivenza in tali condizioni, mentre in Italia una situazione simile sarebbe già stata risolta con una rivolta popolare, secondo quanto descritto da Barbara.
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Il popolo brasiliano delle favelas, dunque, non può lottare per i propri diritti perché l’oppressione da parte dei ricchi aumenta sempre più e non permette la risoluzione di inefficienze come la mancanza di strutture e di una vera tutela sanitaria. La parte “ricca” della zona è l’unica a potersi dire davvero in festa, ma quest’atteggiamento non fa che acuire l’indifferenza verso chi si trova in condizioni critiche. “Oggi viviamo sotto il controllo massiccio dell’UPP (unità di polizia pacificatrice, ndr)”, continua Barbara, “Accade sempre più spesso che ci scappi il morto e a volte si tratta di passanti del tutto estranei.”
La ragione di questi episodi starebbe proprio nell’aumento della tensione nelle favelas e soprattutto nella scarsa preparazione degli agenti alle situazioni in cui sono chiamati ad intervenire. Barbara racconta che in fondo si tratta solo di giovani spaventati, che durante una prova di coraggio non sanno affrontare la tensione e spesso commettono errori a danno d’innocenti. Sulle favelas, proprio in attesa dei mondiali, se ne sono sentite molte e se avete letto questo articolo non potete che chiedervi: quanto è giusto festeggiare senza pensieri un evento come tanti, fatto da chi con la pubblicità oscura i veri problemi del mondo per un guadagno personale? Del resto, si sa che questi eventi d’influenza internazionale sono sempre stati il centro di un mercato tenuto nascosto ai cittadini disinformati.