Matteo Renzi si dice soddisfatto della fiducia incassata al Senato sul Jobs Act e rilancia: “Ora sei mesi per semplificare il fisco”. Nel grande calderone delle riforme, come se già non fosse colmo, viene buttata una nuova proposta, legittima e senza alcun dubbio cruciale per il futuro dell’Italia: la semplificazione del sistema del fisco. Che un cambiamento deciso sia inevitabile per far emergere l’Italia dal tracollo economico, politico e sociale in cui il Bel Paese versa ormai da molti anni non c’è alcun dubbio. Tuttavia, viene spontaneo domandarsi se tutta questa carne messa al fuoco dal premier non corra il rischio di abbrustolirsi con un nulla di fatto.
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Le buone intenzioni e i sani propositi sicuramente non mancano. L’ambizione e il desiderio di ridare dignità all’Italia nemmeno, con la consapevolezza che la svolta che l’Italia deve compiere è di 360 gradi: un’inversione di rotta brusca e totale sotto ogni punto di vista. Tuttavia, la spinta del governo Renzi si scontra con il pilastro della civiltà occidentale: la democrazia. La sua fretta, la sua voglia di correre non devono e non possono prevalere sulla logica del confronto, della discussione, della riflessione politica. Certo, è necessaria dare un’accelerazione a tutte quelle pratiche istituzionali e burocratiche che da sempre frenano i processi decisionali nel nostro Paese, senza però sovrastarle.
Esiste poi un secondo pilastro con cui rischia di scontrarsi il programma di Matteo Renzi: il realismo. Il neo premier si è subito accorto di come in Italia sia difficile aggirare i poteri forti (o, come preferisce chiamarli Renzi, “pensieri deboli”), che tendono a stagnare il possibile cambiamento. Anche per questo motivo, è opportuno citare il consiglio dato dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, al premier: “Matteo, scegli tre cose e falle”. Perché se è vero che sono state messe in cantiere diverse riforme, traguardo neanche lontanamente avvicinato negli ultimi vent’anni, sono poche quelle che si sono concretizzate. Non certo per colpa di Renzi: fosse per lui, le avrebbe approvate tutte in un giorno.
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Così, da un lato il premier viene accusato dai suoi oppositori di “annuncite”, dall’altro gli esponenti del Partito Democratico rivendicano i successi del suo governo: gli ottanta euro in busta paga, la riduzione dell’Irap per le imprese, l’approvazione del decreto Sblocca Italia. Inoltre, sono già state delineate le riforme del Senato, del Titolo V della Costituzione e della nuova legge elettorale. Ma dell’approvazione di queste, nessuna traccia. Intanto si mette altra carne al fuoco, altre riforme nel carrello del governo: la Buona Scuola, la riqualificazione edilizia e, appunto, la semplificazione del fisco. Tutte riforme necessarie, ma il timore è che passo dopo passo questo carrello delle riforme scricchioli e tutto possa franare a terra.