Matteo Renzi non torna indietro sull’Italicum e il Partito Democratico si spacca. Secondo il premier, la legge elettorale va approvata così com’è. Tuttavia, all’assemblea del gruppo i dissidenti non hanno partecipato al voto e Roberto Speranza si è dimesso dalla carica di capogruppo alla Camera. La nuova legge elettorale si trova al passaggio decisivo: dopo l’approvazione al Senato, manca solo il “sì” definitivo della Camera. Renzi non vuole apportare nessuna modifica al testo, che altrimenti dovrebbe essere nuovamente discusso ed approvato al Senato, dove il Partito Democratico non gode più di una maggioranza solida dopo la rottura con Silvio Berlusconi. Per questo motivo, il Presidente del Consiglio cerca di ricucire lo strappo e offre alla minoranza del Partito Democratico la possibilità di apporre modifiche alla Riforma del Senato. Categorico, invece, per quanto riguarda l’Italicum: “Nessuna modifica: questo governo è legato a questa legge elettorale nel bene e nel male”. Poi Renzi sottolinea: “La legge funziona, impedisce il consociativismo sul modello della Grande coalizione”.
Se la minoranza del Partito Democratico votasse contro l’Italicum, il rischio è quello di non raggiungere la maggioranza necessaria per approvare la legge elettorale. Così, il premier Renzi sta pensando di porre la questione di fiducia sul voto dell’Italicum. In questo modo, infatti, il Presidente del Consiglio compatterebbe il proprio partito perchè, nel caso in cui l’Italicum non fosse approvato, verrebbe meno anche il rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento e Renzi sarebbe costituzionalmente obbligato a rassegnare le dimissioni, andando a elezioni senza una nuova legge elettorale. Proprio questa ipotesi, porta sul piede di guerra le opposizioni: i capigruppo di Forza Italia, Sel e Lega Nord hanno scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendogli di intervenire nei lavori della Camera: “Il voto di fiducia sarebbe un vero e proprio golpe istituzionale“. Ma cosa può fare concretamente il Presidente della Repubblica? Respingere al mittente gli appelli delle opposizioni oppure rivolgersi al Presidente del Consiglio. In questo caso, sono due le strade percorribili: cercare di convincere Matteo Renzi a non porre la questione di fiducia o rivolgere un messaggio al Parlamento, ricordando l’esigenza di un’ampia convergenza sulla legge elettorale.