Secondo le stime dell’Intelligence irachena e di alcuni funzionari statunitensi la vendita di petrolio frutterebbe all’Isis fino a 45 milioni di euro al mese. Il petrolio costituisce la principale fonte di guadagno stabile per l’odioso Stato Islamico. Il Financial Times afferma che ogni barile di petrolio è venduto a un prezzo che oscilla tra i 18 e i 40 euro, mentre sui mercati internazionali arriva a quasi 45 euro. È emerso che i guadagni giornalieri ammonterebbero a circa 1 milione di euro.
Ibrahim Bahr al-Oloum, membro del Comitato per l’energia del parlamento iracheno, ha dichiarato che l’Isis estrae circa 30mila barili di petrolio in Siria e tra i 10 e i 20mila in Iraq, sfruttando in particolare due campi vicino alla città di Mosul, a nord. Il petrolio siriano viene trasportato al confine settentrionale della Siria e venduto clandestinamente a intermediari in Turchia, mentre quello estratto in Iraq viene trasportato in raffinerie dello Stato Islamico in Siria.
L’Isis detiene il monopolio petrolifero nella zona, ed è per questo che riesce a vendere anche in territori nemici. Nel nord della Siria, per esempio, i ribelli necessitano del petrolio dell’Isis per sopravvivere, mantenere operativi ospedali, negozi, trattori e macchinari per il recupero delle persone dalle macerie. Un funzionario del tesoro americano, Daniel Glaser, ha stimato i guadagni annuali delle vendite di petrolio dello Stato Islamico a circa 450 milioni di euro, basandosi su dei ricavi in un mese a inizio 2015 che ammontavano a circa 36 milioni di dollari. Altra importante fonte di guadagno per l’Isis sono le tasse sulle attività commerciali nelle aree controllate, che frutterebbero centinaia di milioni di euro all’anno.