TORINO – I resti della mummia della regina Nefertari, la moglie preferita del faraone Ramses II, sono stati identificati nel Museo Egizio di Torino. La scoperta è stata fatta da un gruppo di archeologi internazionali coordinati dall’Università britannica di York, che hanno analizzato un paio di gambe mummificate. “Siamo abbastanza sicuri che si tratti di Nefertari – hanno dichiarato – Su 16 caratteristiche, 14 coincidono”. Lo studio che ha portato all’identificazione della famosa regina le cui gambe sono attualmente conservate in una teca, è stata pubblicata su Plus One. “Siamo in attesa di altre risposte – ha commentato la presidente dell’Egizio, Evelina Christillin – Non vogliamo vendere ai nostri visitatori false illusioni, quindi per ora aspettiamo”.
“Secondo le nostre analisi si tratta di una donna tra i 40 e i 50 anni, l’età che aveva la regina al momento della sua scomparsa – ha spiegato Raffaella Bianucci, ricercatrice della sezione di Medicina Legale dell’Università di Torino e dell’Ateneo di Warwick in Gran Bretagna – In quella tomba non dovevano esserci altre donne di quella età. Purtroppo le analisi chimiche confermano che i reperti sono stati fortemente contaminati prima della scoperta ufficiale, e cioè quando furono smembrati i resti, ma tutti gli studi ci fanno pensare che questa sia l’ipotesi corretta”. Tra gli elementi più forti a sostegno dell’ipotesi, oltre all’età della donna al momento della morte, il metodo di imbalsamazione delle gambe, tipico del XIII° secolo, periodo in cui regnò il faraone Ramses II (1290-1224 a.C.). Inoltre, all’interno della tomba da cui provengono i resti sono stati ritrovati dei sandali, realizzati con foglie di palma e papiro, che portano la sigla di Nefertari e che facevano parte del suo corredo. “Quei sandali – ha aggiunto la Bianucci – calzano la misura delle gambe da noi analizzate”.
Secondo la storia, Nefertari era una regina bellissima e molto colta, che divenne la preferita tra le mogli del faraone Ramses II, uno dei più potenti sovrani della storia d’Egitto. Alla sua morte, venne sepolta all’interno di una tra le più grandi e spettacolari tombe nella Valle delle Regine, sulla riva occidentale del fiume Nilo. Nel corso del tempo, il suo sarcofago è stato saccheggiato in più occasioni fino a quando l’archeologo italiano Ernesto Schiaparelli ha inviato nel 1904 i suoi resti al Museo di Torino. All’epoca, le analisi per identificarne l’esatta origine non potevano essere molto accurate e solo ora quei resti sono stati associati alla leggendaria regina egiziana. Lo studio delle sue gambe (femore, rotula e tibia) hanno incluso test chimici, antropologici, genetici e datazione al radiocarbonio. Ovviamente, la certezza assoluta non esiste poiché il test del DNA ha dato, proprio a causa della contaminazione dei reperti, risultati inattendibili.