econdo una recente ricerca condotta sulle reclute dell’Isis, sembra che il 20% di queste provenga da famiglie cristiane. L’indagine è stata eseguita da Scott Atran, co-fondatore del Centro per la risoluzione dei conflitti difficili all’Università di Oxford. Atra inoltre ha sottolineato che la radicalizzazione raramente avviene nei luoghi di culto islamici, come invece si crede. Infatti, stando alle sue ricerche, il 75% di coloro che diventano “foreign fighters” lo fa attraverso amici e parenti rendendo ancora più difficile l’identificazione di persone potenzialmente pericolose.
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Ecco gli “ImamYouTube”: l’estremismo nell’era del web
L’abominio dell’Occidente, dei suoi usi, delle sue comodità, persino dei suoi gusti alimentari e, soprattutto, della sua “frivola” tecnologia…. effettuata tramite YouTube ed i social network. Questo è l’assurdo paradosso vissuto da alcuni nomi di spicco dell’estremismo islamico, prontamente soprannominata la generazione degli “ImamYouTube”. Rachid Abou Houdeyfa, Abdelfattah Rahhaoui, Nader Abou Anas sono solo tre degli Imam più noti e più attivi sui social network e, ovviamente, sul portale di sharing video YouTube, divenuto per tali personaggi luogo ove postare al Mondo intero le proprie, irose prediche. Gli “ImamYouTube” si scagliano contro tutto e tutti: la musica, il calcio, persino la carne di maiale. E la rete.
USA choc: 16enne investito, il pirata posta foto sui social
“Ho ucciso un uomo. RIP”. Poche e crude parole hanno accompagnato il post terrificante sull’uccisione del 16enne Trevius. Sotto la scarna citazione, la foto del cadavere del ragazzo, riverso sull’asfalto, in una pozza di sangue.
Trova l’amore della sua vita grazie a un bug di Facebook
Schuler Benson sei anni fa ha acceso il cellulare e si è connesso al profilo Facebook di una donna che non conosceva a causa di un bug del social network, ma non avrebbe mai immaginato che quell’errore gli avrebbe cambiato la vita regalandogli l’amore.
Allarme pedofili, rubano scatti bambini dai social dei genitori
Un’organizzazione australiana che si occupa del monitorare la sicurezza dei minorenni online ha recentemente rivelato che circa la metà delle foto e immagini di bambini, anche molto piccoli, che si trovano nei siti frequentati da pedofili è stata rubata direttamente dai profili social dei genitori.