Queste due foto sono al centro di una campagna norvegese che rimarca con altrettanta violenza l’incubo che spesso famiglie tra le meno sospettabili vivono. Apparentemente, un uomo ed una donna appena sposatisi: il bouquet fresco tenuto ancora da lei lo testimonia. Ad una seconda occhiata, l’espressione facciale della donna appare più neutro di quello del suo consorte. Addirittura, lui pare inarcare fin troppo le sopracciglia, mostrando un sorriso quasi inquietante. Tornando ad osservare la neo-sposina, il suo viso ispira timore, con un sorriso non abbastanza convincente per qualcuno che si sia appena unito alla propria metà. Questo, per quanto riguarda la prima delle due immagini utilizzate nella campagna che sta facendo parlare di sé in tutto il mondo.
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Nella seconda immagine, gli sposi fotografati di spalle: lui stringe il braccio di lei in una morsa che le impedisca di liberarsene. L’arto della donna è interamente ricoperto di contusioni, la sua mano tesa sembra quasi voler raggiungere un indefinito scoglio di salvezza, che nella maggior parte dei casi ancora non arriva in tempo. La campagna appena approvata in Norvegia sta suscitando polemiche e choc nel pubblico europeo, nonostante si tratti di una misura che il governo ha deciso di attuare per evitare l’aumentare delle già tantissime donne vittime ogni anno di violenze (circa una su 4 nel Paese). In primis, c’è chi crede che un approccio simile non faccia altro che fomentare l’astio verso una pluralità generalizzata di uomini che possono o no essere colpevoli di questo tipo di violenze.
D’altro canto, c’è chi ritiene che un contenuto così esplicito, non tanto per gli scatti in sé ma per il messaggio forte che traspare da essi, possa soltanto turbare quella fetta di popolazione che ancora non ha vissuto tali esperienze: novelli sposi, fidanzati che si avvicinano a compiere un passo importante della propria relazione. D’altronde, la coppia-tipo presa in esame nella campagna è la tipica sposata in abito bianco e smoking. Dettagli che fanno pensare innanzitutto al matrimonio in chiesa, istituzione non ancora del tutto decaduta e che rischia di esser vista come potenziale rischio per le coppie stesse, dove quest’unione pare diventare nell’immaginario collettivo una schiavitù forzata, mentre così non è. Va ricordato, poi, che la maggioranza dei casi di femminicidi e violenze domestiche avvengono proprio tra coppie conviventi, più che tra coniugi.
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