Massimo Bossetti, interrogato ancora dagli inquirenti circa l’ipotesi di un movente per vendetta contro il padre di Yara, nega tutto. Anche il distacco che il presunto omicida della ginnasta 13enne avrebbe tenuto verso Fulvio Gambirasio sarebbe stato motivato da buona fede, o meglio dal rispetto verso un padre in lutto per la scomparsa della propria figlia. E’ comunque una versione della quale, dati i trascorsi di Bossetti con dichiarazioni poco attendibili, vaghe e contraddittorie, sarebbe certamente lecito dubitare.
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“Sì, il papà di Yara sarà venuto due o tre volte sul cantiere di Palazzago di mio cognato Osvaldo Mazzoleni, sarà stato il mese di dicembre del 2010″, ha datato Bossetti davanti al gip Ezia Maccora e al pm Letizia Ruggeri, sforzandosi di rendere meno vaghi i dettagli sull’incontro con il padre della vittima. Poi, precisa: “Ricordo che parlava proprio con mio cognato Osvaldo, penso che si conoscessero già da prima, e diceva che sua figlia era scomparsa. Io e gli altri operai eravamo lì, ma siamo andati avanti a lavorare.”
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“Non abbiamo avuto il coraggio di avvicinarci”, si giustifica Bossetti con gli inquirenti, “e dire a quell’uomo: “Fatti forza”, non siamo entrati nel merito, lavoravamo e basta, perché si capiva che lui non ne voleva parlare.” Bossetti non si è sottratto a nessuna domanda, cercando sempre di chiarire le circostanze della vicenda e mostrandosi collaborativo come sempre, ribadendo agli inquirenti la propria versione dei fatti: “Io sono innocente, fatemi pure le domande che volete.”