Lo psicologo è una figura che non partecipa alla sanità pubblica in Italia, ma quanto converrebbe alle casse dello Stato se non fosse così? A prescindere dal senso comune, i benefici dell’attività svolta dagli psicologi a livello nazionale apporterebbe alla pubblica amministrazione un significativo contributo economico, che in tempi di crisi torna sempre utile. Ad esporre questa lungimirante visione – e certamente appetibile per il governo italiano – è stato il presidente Nicola Piccinini, durante il ventennale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. A partire dall’analisi della nostra epoca, definita “di grande e forzato cambiamento”, la profonda crisi economica ha prodotto nel Paese “uno schiacciamento sull’emergenza del qui ed ora”, commenta il presidente, “che di fatto toglie ossigeno a qualsiasi progetto di crescita, sviluppo di benessere psicologico individuale e collettivo”. In questo contesto, la difficoltà a garantire i servizi ai cittadini si fa sempre più evidente: il dottor Piccinini fa notare ciò in rapporto ai dati diffusi pochi giorni fa dal Centro Studi Investimenti Sociali. Dalle stime riguardanti l’anno 2014 emerge la forte presenza di “capitale umano dissipato” di circa 8 milioni di cittadini, disagiati in campo occupazionale, affettivo e relazionale, nonché salutare. E’ chiaro che un supporto psicologico professionale sarebbe cruciale per “creare scenari di benessere sociale e psicologico, individuale e collettivo e dunque contribuire al futuro del Paese”.