Emanuela e Mirella, casi chiusi. O, più precisamente, archiviati. Cambia il termine tecnico, ma la sostanza, quella che interessa davvero le famiglie Orlandi e Gregori, è la stessa. Uno dei casi “congiunti” più controversi della storia giudiziaria italiana viene archiviato con un nulla di fatto. Trentadue anni di prove, testimonianze choc, piste gettate alle ortiche perchè nulla di idoneo e rilevante è stato riscontrato da quei PM incaricati di scoprire che fine possano aver fatto Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Due scomparse, apparentemente non legate fra loro, hanno invece aperto uno scenario inquietante. Una sorta di “partnership” tra Stato Vaticano e Banda della Magliana mai apertamente ammessa dagli investigatori, ma da sempre ipotizzata dai familiari delle due ragazze che avevano persino confidato invano nel nuovo Papa per ottenere delle risposte concrete. Emanuela e Mirella meritano verità e giustizia: allora, perchè nessun organo preposto alla ricerca di questi due principi fondamentali cerca incessantemente di ottenerle per loro?
Del caso della doppia scomparsa di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi – svanite nel nulla rispettivamente il 7 maggio e il 22 giugno 1983 – si è occupata la nota trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”, che ieri ha ospitato i familiari delle due giovani scomparse. Fratelli, nipoti, cognati, parenti di ogni età e generazione hanno pacificamente occupato lo studio della trasmissione condotta da Federica Sciarelli, chiedendo allo Stato italiano e a quello vaticano risposte concrete e, soprattutto, veritiere. Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, ha sottolineato il “Comportamento meschino di PM e Santa Sede. E’ evidente che c’è la volontà da parte di qualcuno di non arrivare alla verità: il Vaticano ha ostacolato le indagini senza rispondere alle varie rogatorie e impedendo l’acquisizione di alcune telefonate”. Dello stesso avviso anche i familiari di Mirella Gregori, di cui oggi ricorre il 32esimo anniversario della scomparsa: una ricorrenza triste, specialmente per i nipoti che non hanno mai potuto conoscere l’amata zia Mirella.
I familiari promettono battaglia fino alla fine dei loro giorni, mentre i PM comunicano le motivazioni di un’archiviazione che ha dell’assurdo e che ha diviso gli stessi inquirenti incaricati di indagare sul complesso caso (il Procuratore Aggiunto Giancarlo Capaldo ha chiesto infatti la revoca di assegnazione del procedimento, essendosi trovato in totale disaccordo con la richiesta di archiviazione). Stando agli inquirenti le indagini sulle scomparse di Emanuela e Mirella si sono protratte “Per moltissimi anni, dopo una prima fase definita con sentenza di proscioglimento degli imputati emessa dal giudice istruttore di Roma il 19 dicembre 1997. All’esito delle indagini che hanno approfondito tutte le ipotesi investigative man mano prospettatesi, sulla base delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, delle risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati”.
Tornano in libertà quindi Sergio Virtù, autista di Enrico “Renatino” De Pedis, Angelo “Ciletto” Cassani, Gianfranco “Giggetto” Cerboni e Sabrina Minardi, che pure si era autoaccusata di complicità nel presunto assassinio della Orlandi, oltre ad aver puntato il dito contro la Banda della Magliana. Resta sotto accusa per calunnia ed autocalunnia il controverso Marco Accetti, sul quale penderebbe un’altra pesante accusa: l’omicidio di un bimbo allora 12enne, la cui madre ha fatto sapere che si rivolgerà a Strasburgo per ottenere la giustizia che merita. Pedofilia, trame ordite dalla Chiesa, criminalità organizzata romana: la storia assume dei connotati sempre più noir, mentre lo Stato “archivia” Mirella ed Emanuela, figlie dimenticate da una Giustizia sempre più beffarda.