Concluse le Elezioni Regionali, tutti i leader salgono sul carro dei vincitori. Per il premier Renzi 5-2 è un risultato molto positivo, mentre Salvini esulta: “Siamo noi la vera alternativa”. Berlusconi gongola per la vittoria del fedelissimo Toti e Beppe Grillo ringrazia gli elettori in tutte le lingue del mondo sul proprio blog. Ma qual è lo stato di salute dei partiti italiani? Chi ha perso consensi e chi ne ha guadagnati dopo un anno di governo Renzi? Chi ha vinto e chi ha perso? Ecco un’analisi completa del voto alle regionali, confrontato con i risultati delle elezioni europee del 2014.
E’ importante fare alcune premesse, che rappresentano gli aspetti critici del confronto tra elezioni europee del 2014 ed elezioni regionali del 2015. Primo: l’affluenza. In tutte le regioni in cui si è votato per le regionali il numero di elettori è drasticamente diminuito rispetto alle Europee. Secondo: le elezioni regionali rispecchiano dinamiche locali che possono differire da quelle nazionali. Un candidato potrebbe essere tanto popolare ed amato nella propria regione da raccogliere il consenso di elettori di altri partiti o viceversa. Infine, è necessario considerare la presenza di liste civiche collegate ai partiti di centrodestra e di centrosinistra: in ambito nazionale, infatti, questi voti potrebbero essere assorbiti dal partito di riferimento. Per questo motivo, accanto ai dati di Forza Italia, Partito Democratico e Lega Nord riporteremo anche quelli delle liste collegate e ne valuteremo la portata complessiva. Nulla impone che chi vota per una lista civica collegata, a livello nazionale sposterà la propria preferenza verso il partito di quella lista, ma la logica suggerisce questo.
PARTITO DEMOCRATICO – Rispetto al boom delle elezioni europee, il consenso dei democratici nelle sette regioni in cui si sono svolte le elezioni regionali è diminuito: che si contino o meno i voti delle liste civiche collegate. In Liguria il Partito Democratico ha raggiunto il 41.7% alle elezioni europee, mentre alle regionali del 2015 si è fermato al 25.63%. Da 323.728 preferenze a 138.257. La percentuale raggiunta dalle liste collegate è pari al 4.7%: questo risultato sommato a quello del solo Partito Democratico dà il 30%, oltre 10 punti percentuali in meno rispetto alle elezioni europee. In questo caso è da valutare l’impatto della discussa candidatura di Raffaella Paita e della scissione della sinistra con la candidatura di Pastorino.
In Veneto 37.5% alle elezioni europee, 16.6% alle elezioni regionali (a cui può essere sommato il 5.6% di tutte le liste civiche collegate, esclusa Sel). In Umbria si passa dal 49.2% delle europee al 35.76% delle regionali (più 4.93 delle liste civiche, ancora una volta esclusa Sel). Nelle Marche dal 45.5% al 35.13%, che anche sommato al 5.03% delle liste civiche (escluse quelle dei Popolari di centro), rappresenta un calo di cinque punti percentuali. Stessa situazione nella rossa Toscana: dal 56.3% delle europee al 46.35% delle regionali (più 1.71% delle liste civiche). E ancora in Campania si passa dal 36.1% al 19.49% nelle elezioni regionali, risultato in cui si deve sommare però il 13.36% raccolto dalle liste civiche, senza considerare quelle di centro, Sel e Italia Dei Valori. La Puglia rappresenta l’eccezione, probabilmente per la forte candidatura di Michele Emiliano: dal 33.6% delle europee al 40% delle regionali, che comprende tuttavia un 21.19% dalle liste pro Emiliano. In conclusione si può affermare che rispetto all’exploit delle europee si è smorzato l’effetto Renzi. Tuttavia, il Partito Democratico resta il primo partito anche a livello nazionale.
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