Il disegno di legge di riforma della Rai è stato approvato al Senato con 142 voti favorevoli, 92 contrari, nessun astenuto. Ora il testo passa alla Camera, prima della sua approvazione definitiva. Tuttavia, il ddl ha subito numerose modifiche rispetto alla proposta iniziale del Governo. La più significativa riguarda l’articolo 4 e la delega al Governo sulla regolamentazione del finanziamento pubblico della Rai, cioè il canone. Opposizioni e minoranza del Partito Democratico hanno votato e fatto passare un emendamento che affossa questo articolo del ddl: nessuna delega all’Esecutivo.
“Nulla di grave, è già successo, colpa delle assenze”, dichiara il ministro Boschi che auspica ulteriori modifiche del testo alla Camera. E l’auspicio è proprio la reintroduzione della delega, come lascia intendere il sottosegretario alle Telecomunicazioni Antonello Giacomelli: “Ho la sensazione che ci rivedremo”. Il testo approvato dal Senato prevede che vengano conferiti già al prossimo direttore generale (nominato con la vecchia legge Gasparri) i poteri indicati nel disegno di legge. La riforma infatti vuole cambiare la governance della Rai, sostituendo la figura del direttore generale con quella di un amministratore delegato, come in tutte le società per azioni.
Maurizio Gasparri attacca il premier: “Per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Rai martedì prossimo si applica la mia legge anche se Renzi aveva detto in mille occasioni che con una legge simile mai si sarebbe andati avanti”. Anche il Movimento Cinque Stelle è critico: “Per non morire la Rai aveva bisogno di tre cose: indipendenza, onorabilità e competenza. La Rai aveva bisogno di una rivoluzione completa fatta con competenza”, dichiara Alberto Airola. Il problema è un “sistema di informazione completamente asservito”.