Il titolo di nuovo Paese “malato d’Europa” spetta alla Finlandia, ed è stato proprio il suo ministro delle Finanze, Alexander Stubb, ad attribuirgli tale “onore”. La Finlandia lotta faticosamente per rimettere in moto le finanze e al contempo cerca di riprendersi da una recessione di tre anni. Sembra paradossale che uno dei paesi che più ha criticato la Grecia per la crisi del debito, sottolineando che il Paese non è riuscito ad approvare riforme adeguate per sistemare la precaria situazione economica, si trovi ora impantanato in questa situazione.
Il primo ministro Juha Sipilä ha cercato disperatamente di tagliare ferie e salari, scatenando un’ondata di scioperi e proteste e una notevole riforma della sanità ha evidenziato divisioni ideologiche all’interno del governo di coalizione che stava per crollare a inizio novembre. È stata addirittura avanzata una proposta per un’eventuale uscita della Finlandia dalla zona euro, in modo da svalutarne la moneta e rilanciare le esportazioni. Il primo ministro deve riuscire a ottenere l’approvazione di sostanziali riforme per rafforzare la competitività e sostenere la crescita economica, al contempo però deve accontentare i sindacati per prevenire altri scioperi e proteste. A tutto si somma l’impegno nel mantenere salda la coalizione dei tre partiti.
Continua la crescita della disoccupazione e del debito pubblico, mentre il Paese è in ginocchio per l’elevato costo del lavoro, l’inesorabile declino della compagnia telefonica Nokia e la recessione in Russia, che costituiva uno dei principali mercati per l’esportazione. Tempi bui insomma per la Finlandia, che sta attraversando la recessione economica più lunga dall’epoca della seconda guerra mondiale. Sipilä ha chiaramente affermato che la Finlandia potrebbe diventare la nuova Grecia e sta cercando di ottenere risparmi per 10 miliardi di euro, 4 entro il 2019. Nell’ambito degli sforzi per raggiungere l’ambizioso e arduo obiettivo, il governo pianifica una ristrutturazione della sanità, delle amministrazioni locali e del mercato del lavoro.
Gli incessanti appelli del primo ministro, che parla di “spirito riformistico comune”, hanno incontrato solo sdegno e disapprovazione. Lo scorso settembre a Helsinki, nella più grande protesta dal 1991, si sono riuniti circa 30 mila manifestanti e ci sono stati scioperi in ferrovie, porti e cartiere. Il governo è stato quindi costretto a fare marcia indietro, affermando di tagliare sui servizi. Una possibile soluzione sarebbe l’aumento della spesa pubblica, tuttavia questa misura non è presa in considerazione perché il debito pubblico supera già i limite del 60% imposto dall’Unione europea. Il numero è relativamente basso rispetto a quello di altri paesi europei, ma il governo ritiene che sia necessario fermare la crescita del debito a causa del rapido invecchiamento della popolazione finlandese. I dati Eurostat parlano chiaro: entro il 2020 la Finlandia avrà il più alto indice di dipendenza strutturale degli anziani, ovvero 35,8 persone oltre i 65 anni per ogni 100 persone in età lavorativa.