NUOVA ZELANDA – Il bello della democrazia è anche il vastissimo numero di settori a cui può essere estesa: votiamo per politica e cambiamo governo, votiamo per spettacolo e decidiamo quali artisti promuovere, votiamo per cultura tra i libri migliori per stabilire chi sa scrivere. In Nuova Zelanda si vota perfino per cambiare bandiera.
Si chiama Kyle Lockwood ed è, con oltre 500mila voti ricevuti, il designer più apprezzato tra quelli chiamati a realizzare il nuovo volto della Nuova Zelanda: il suo progetto prevede una felce argentata su sfondo blu, nero e bianco decorato con quattro stelle rosse. In pochi tratti, stilizzata un’intera Nazione: i colori ricordano quelli storici dell’attuale bandiera (che riporta l’Union Jack del Regno Unito, ndr), la felce, invece, è una delle piante più comuni del sottobosco locale, ma anche simbolo degli All Blacks, squadra nazionale di rugby, quest’anno anche campione del mondo. Promotore principale della “caccia allo stemma” il Primo Ministro John Key, che aveva annunciato la riforma già nel 2014 anche come atto simbolico nei confronti del Regno Unito, fin troppo presente nelle vicende interne del Paese.
Niente, comunque, è ancora certo. Solo a marzo, con un referendum, i neozelandesi saranno chiamati a decidere se accettare la nuova bandiera oppure mantenere ancora in vigore quella di oggi. Tornare all’originale resta, comunque, la preoccupazione principale degli organizzatori dell’iniziativa, dopo tutto il lavoro svolto e gli anni di polemiche per la somiglianza con la bandiera australiana. Ma il bello della democrazia è anche la sua contraddittorietà.