“I’ve a #stalker #stalkeralert #creeperintheback” scriveva Ashley Olsen sul suo profilo Instagram, come commento ad una foto in cui lei appare immortalata dall’alto e di spalle, mentre porta a passeggio il suo amato cane. La donna trovata morta strangolata nel suo appartamento fiorentino nell’Oltrarno aveva davvero uno stalker che la perseguitava?
Il corpo esanime di Ashley Olsen, artista statunitense di 35 anni, è stato rinvenuto nella sua abitazione giorno 9 Gennaio. A vegliare su di lei, impotente, l’amatissimo cane di nome Scout. Scout, onnipresente nella vita e negli scatti che la bella Ashley, amante dell’arte e della vita, postava sul social network Instagram. Uno di questi, quello che ha attirato subito l’attenzione degli inquirenti, è lo scatto “rubato” e descritto con hastag che hanno dell’inquietante: I have a stalker, ho uno stalker. Per ora sembra che questa pista sia da scartare, gli hastag, alcuni scritti in “slang” da Ashley Olsen, potrebbero portare da nessuna parte. Inoltre il post sul social network è piuttosto datato e la donna pare non abbia mai sporto alcuna denuncia per stalking. Ma allora chi ha potuto commettere un omicidio così efferato senza motivo apparente?
L’attenzione degli inquirenti è ricaduta subito su Federico Fiorentini, quarantaduenne fidanzato dell’americana. L’uomo, pittore affermato e molto noto in Toscana, ha fornito un valido alibi che gli ha permesso di essere escluso dalla lista dei sospettati. Si indaga quindi sulle frequentazioni, gli incontri e le ultime ore di vita di Ashley.
Pare comunque che il rapporto tra la Olsen ed il suo compagno pittore fosse travagliato e turbolento e lui, stando a quanto dichiarato da chi conosceva la coppia, era geloso dell’artista 35enne. Di questa loro storia fatta di alti e bassi, Ashley scriveva su Instagram. Uno degli ultimi post sul social network, uno stralcio del libro “Mangia, prega,ama” postato pochi giorni prima di essere uccisa, è una sorta di emblema della situazione affettiva della donna: “Forse per noi è arrivato il tempo di chiudere definitivamente la nostra storia. Noi ci siamo già lasciati, questo era ufficiale, ma abbiamo sempre lasciato aperta una finestra di speranza, perché forse un giorno (magari dopo miei viaggi, magari dopo un anno lontani) avremmo potuto darci un’altra possibiltà. Noi ci amavamo. Non era questo il problema. È che non riuscivamo a capire come smettere di renderci reciprocamente infelici, in quella maniera disperatamente lancinante che ti strappa l’anima”.