La storia di Arianna Guelmani: da Milano a New York per fare l’attrice

Arianna GuelmaniDa bambini quelli che per noi erano gli adulti ci chiedevano spesso “cosa vuoi fare da grande?” e da lì via con cataloghi di risposte fantascientifiche: dall’astronauta al vigile del fuoco, da calciatore ad attore di cinema. Per molti di noi quelle ambizioni sono rimaste solo dei bei sogni, relegati all’infanzia o all’adolescenza. Con la crescita della persona ci si rende conto che le capacità hanno la necessità di asservire contesti di natura più pratica ed economica piuttosto che assecondare fantasie o passioni. Cosa succede a coloro che decidono di ribellarsi a questa pratica sociale e seguire unicamente la loro strada? Ci sono persone, come la giovane Arianna, attrice di 22 anni nata a Milano, e che ora lavora e vive a New York, che, a spallate e con tanta determinazione, hanno deciso di farsi strada inseguendo solamente i proprio sogni.

Ciao Arianna, raccontaci di quando hai scoperto di voler fare l’attrice.          

Non ricordo un momento preciso o un avvenimento in particolare che abbia suscitato in me il desiderio di diventare un’attrice professionale. Ricordo solo che fin da piccola guardavo film e telefilm statunitensi e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto intraprendere quella carriera, un giorno. Doveva essere la mia strada. Tempo dopo, al liceo, quando a tutti viene posta la fatidica domanda “cosa farai dopo il diploma?” la mia idea era rimasta la stessa ma non sapevo ancora come muovermi.

Dove hai studiato e che scelte hai dovuto fare per intraprendere questa carriera?

Terminato il liceo decisi di fare domanda per l’American Academy of Dramatic Arts, un conservatorio privato situato a Manhattan il cui corso di studi prevede una laurea biennale come titolo di studio, chiamato Associate of Occupational Studies e venni accettata. Da questa scuola uscirono talenti come Danny Devito, Robert Redford e Anne Hathaway. Per frequentare un università negli Stati Uniti è necessario avere il visto F1; fortunatamente gli studenti stranieri sono incoraggiati e motivati in questo ambito dall’ istituzione stessa passo dopo passo. La mia scuola offre ogni strumento necessario per la formazione dell’attore: recitazione teatrale e cinematografica, dizione (che comprende voce, respirazione, accenti, etc.), canto, ballo, storia del teatro, movimento (comprende esercizi di rilassamento, yoga, esplorazione dei personaggi attraverso il corpo), Shakespeare, simulazione di audizioni e anche un corso di Career Planning, dove preparano l’attore a pianificare le parti più pragmatiche della carriera (dove investire il proprio capitale o quali siti utilizzare per cercare audizioni).

Infine, prima della laurea, ho fatto domanda per un visto provvisorio per lavorare come attrice: l’OPT, il quale è ottenibile da chiunque abbia concluso un ciclo di studi negli Stati Uniti con un visto F1.

Per ora posseggo ancora il visto OPT, ma la sua scadenza si avvicina e perciò è necessario richiedere il visto O1, che dura tra i tre e quattro anni (al contrario dell’OPT che ne dura solo uno). La scuola in questo è stata di fondamentale importanza, data la complessità della parte burocratica; gli studenti neolaureati sono sempre aiutati nella ricerca di un buon impiego nel settore e ad ognuno di loro viene augurato di avere successo.

Quale parte del tuo lavoro è più stimolante? Quale meno?

La parte più stimolante è cercare di interpretare un personaggio rendendolo veritiero ma interessante per il pubblico, ad esempio parlare o camminare sul palco in modo buffo in una commedia. Una delle cose che preferisco del lavorare ad uno spettacolo o ad un film è trovare persone appassionate quanto me con una buona etica del lavoro. Una di queste persone è Flavia Sgoifo – un’attrice greco-italiana con la quale ho lavorato a diversi progetti, ultimo dei quali è “Marino Faliero: Doge di Venezia di Lord Byron”, uno spettacolo Off Broadway che abbiamo presentato il mese scorso. È una persona molto intelligente che crede nelle sue capacità e mette tutta se stessa in ciò che ama fare: recitare.

Purtroppo non tutti quelli che lavorano in questo campo sono come lei: una delle parti meno piacevoli dello show business è dover lavorare con persone svogliate, impreparate, che arrivano sempre in ritardo o che portano con loro un atteggiamento negativo.

Pensi che il lavoro nel mondo dello spettacolo sia organizzato meglio negli Stati Uniti piuttosto che in Europa o in Italia?

Non ho mai lavorato professionalmente in Italia ma solo seguito alcuni corsi di recitazione. Conosco diverse presone che hanno intrapreso la carriera di attori a Londra, Parigi, Roma o Milano. La differenza maggiore sta nelle opportunità che il Paese ha da offrirti: a New York decine e decine di audizioni, spettacoli, film e telefilm si svolgono ogni giorno.

Quasi tutti i miei amici sono attori e attrici (conosciuti a scuola o nel mondo del lavoro) e ognuno di loro ha sempre un progetto da sviluppare oppure un’audizione alla quale prendere parte. Ci sono sempre molte possibilità e quando scarseggiano ci si mette in moto per crearne di nuove: girare un film con amici, scrivere un copione da mettere in scena, fondare una compagnia teatrale.

Prenderesti in considerazione di tornare in Italia?

Non saprei. Non conoscendo bene il funzionamento di questo mestiere in Italia e non sapendo quante possibilità vi siano disponibili preferisco continuare la mia carriera qui negli Stati Uniti.

Tornerò sicuramente per andare a trovare la mia famiglia e i miei amici, ma non per trovare lavoro.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

In Aprile inizieranno le prove di un altro spettacolo off Broadway di Lord Byron a cui stiamo lavorando.

Un film che abbiamo girato a gennaio chiamato Dissonance dovrebbe uscire quest’estate. Per ora è disponibile solo il trailer online e ne sono molto orgogliosa! Ho un ruolo minore ma sono molto fiera di averne fatto parte; si è creata una bella atmosfera sul set e i miei colleghi si sono dimostrati molto professionali. 

Ho un altro progetto teatrale in cantiere ma non ho ancora abbastanza informazioni per condividerlo pubblicamente; si tratta di un processo molto lento che potrebbe richiedere mesi. Ho altre piccole offerte di lavoro che spero di vedere concretizzate nei prossimi mesi. Per ora mi diverto con quello che faccio e cerco di non preoccuparmi eccessivamente del futuro.

Grazie Arianna per il tuo tempo, chiudiamo con il chiederti cosa consiglieresti a giovani come te che vogliono intraprendere la carriera di attori?

Essere onesti con se stessi e visualizzare la professione di attore con serietà, ponendosi domande che implichino aspetti pratici come quale potrebbe essere la città in cui trasferirmi che abbia abbastanza opportunità e offerte di lavoro per chi intraprende un percorso come il mio e quale lavoro part time potrei fare mentre la mia carriera di attore decolla. Ma ciò che conta più di tutto è non smettere mai di crederci! Alcuni miei conoscenti hanno purtroppo già rinunciato alla loro carriera dopo pochi mesi perché non volevano più presentarsi alle audizioni; adesso hanno un lavoro più ordinario, il quale li rende insoddisfatti e meno ambiziosi rispetto a prima.