La lira resiste ancora. Nonostante nel 2002 ci sia stato il graduale passaggio all’euro, e nonostante nel dicembre del 2011 sia arrivato l’annuncio dell’allora governo Monti di cessazione della validità della vecchia moneta, quest’ultima continua in qualche modo a circolare in Italia. Infatti, in seguito ad un’inchiesta giornalistica condotta da “Il Secolo XIX”, è emerso come, nel settore postale, si faccia ancora ricorso (seppur in modo indiretto) alla valuta del passato.
Tutto è cominciato quando alla redazione del quotidiano genovese è arrivata una busta piuttosto voluminosa contenente dei libri che, con grande sorpresa, recava un’affrancatura rigorosamente in lire. Infatti sul plico c’era innanzitutto un francobollo da 600 lire raffigurante un pastore tedesco, poi un altro dedicato al ricordo di Grazia Deledda da 50 lire, e un’ulteriore emissione dello stesso valore recante il volto di Arrigo Boito. Infine altre 600 lire di carta-valore con l’immagine di Giuseppe Gioacchino Belli. Insomma, una spedizione decisamente “originale” di questi tempi, che ha spinto i giornalisti della testata ligure a vederci chiaro.
Poste Italiane, dopo essere stata contattata da “Il Secolo XIX”, ha chiarito fin da subito che si tratta di una pratica del tutto regolare, poiché la legge prevede che sia ancora possibile “affrancare lettere o pacchi con francobolli il cui valore sia espresso in lire”. Questa norma, però, è valida per tutte le carte-valore emesse dopo il 1967, perché prima di allora le affrancature presentavano anche la data di scadenza della loro validità e, di conseguenza, oggi non sarebbero legali. Del resto, la questione legata ai valori bollati è stata una delle più spinose tra quelle emerse nel 2002 (quando entrò in vigore l’euro), che spinse addirittura il Comitato euro del Ministero dell’Economia ad intervenire con una delibera, nella quale affermava che tutti i valori bollati recanti valore in lire, fossero considerati leciti anche dopo il 1° gennaio 2002, aggiungendo “a tempo indeterminato”.
La questione, dunque, sembrerebbe conclusa qui. In realtà, proseguendo nelle sue indagini, “Il Secolo XIX” ha scoperto anche la presenza di una sorta di “mercato nero” (legale, attenzione) dei francobolli del passato. È emerso, infatti, che diversi commercianti sogliono ancora acquistare affrancature in lire, perché vanno a risparmiare circa il 40/50% rispetto al facciale. Del resto, anche Poste Italiane ha rivelato che non si tratta di una pratica illecita, perché ci sarebbero diversi tabaccai o uffici postali ancora in possesso di affrancature in lire che possono essere tranquillamente vendute “su espressa richiesta del cliente”.
Sergio Mendikovic, presidente dell’Associazione salernitana di filatelia, raggiunto dallo storico quotidiano genovese, ha riportato che ci sarebbero in circolazione ancora delle grandi quantità di francobolli in lire perché, durante il periodo di passaggio all’euro, diverse persone acquistarono interi fogli di affrancature, con la speranza che, nel giro di pochi anni, sul mercato del collezionismo diventassero pezzi di enorme valore. Siccome questa previsione è risultata sbagliata, per cercare di rientrare almeno nella spesa iniziale, hanno cominciato a rivenderli anche a prezzo scontato.
Infine, è bene ricordare che, se l’affrancatura in lire su pacchi o spedizioni postali è legale, è pur vero che è stato emesso un elenco di francobolli post-1967 che non sono più validi, come ad esempio quelli della serie “Italia Turrita”, o la posta aerea “Democratica”, oppure quelli con valore di 75, 250 e 300 lire.
Patrizia Gallina