Pedopornografia

Pedopornografia in chat: tra gli arrestati anche un sacerdote

La Polizia di Torino ha scoperto una rete di utenti italiani che, su una piattaforma di messaggistica, scambiavano materiale pedopornografico.
Gli inquirenti delle Comunicazioni e della Polizia Postale hanno disposto 26 decreti di perquisizione e indagato altrettante persone.
L’accusa riguarda il reato di pedopornografia, per aver diffuso materiale riguardante minori e il possesso di migliaia di file.
Gli arresti sono avvenuti in Campania, Puglia e Piemonte, scattati per un sacerdote, un 37enne tecnico informatico ed il creatore del canale a pagamento.
L’indagine ha riguardato tutto il territorio nazionale
Sequestrati migliaia di file con contenuti “raccapriccianti”, ritraenti vere e proprie violenze a danno soprattutto di neonati.

Pedopornografia: un’indagine nazionale

Le indagini sono iniziate dal mese di febbraio 2021, quando gli agenti hanno attivato un servizio di monitoraggio sulla piattaforma, che garantisce l’anonimato per gli utenti.
Il lavoro è stato lungo, basato su una costante ricerca di un rapporto di fiducia con gli interlocutori, che di volta in volta scambiavano il materiale.
Una volta ottenuti gli elementi utili all’indagine, le tracce informatiche hanno permesso di identificare i responsabili di questi atti orribili.
Si è rivelata interessante la presenza di un ambiente chiuso dal quale partiva la divulgazione dei contenuti pedopornografici a seguito di un pagamento.
Dopo un’attenta analisi di tutti gli elementi, la Polizia ha arrestato 26 soggetti destinatari dei decreti di perquisizione emessi dal Gruppo Criminalità Organizzata e Reati Informatici dell’A.G. di Torino.
Eseguiti arresti anche in Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto, in collaborazione degli Uffici di Specialità della Campania.

Il reato secondo la Legge

Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un significativo incremento della condivisione e vendita di materiale pedopornografico online, causato dall’utilizzo di Internet e delle nuove tecnologie, che ne hanno facilitato la moltiplicazione.
Sebbene tali immagini si trovino nel dark web, negli ultimi anni si è assistito a una rapida diffusione delle stesse anche attraverso canali più accessibili quali Telegram, Whatsapp e Facebook.
I numeri e le statistiche delineano una situazione critica. Secondo il report annuale del 2019 della Internet Watch Foundation, su un totale di 260.426 segnalazioni ricevute, 132.730 contenevano materiale pedopornografico.
Il 25% in più rispetto all’anno precedente, di cui il 34% raffigurante bambini tra i 7-10 anni e il 48% tra gli 11-13.
Il 20% delle immagini riproduceva stupri e torture sessuali, per lo più ai danni di bambini di età inferiore ai dieci anni e ai neonati.