Le preghiere di mamma Tonina e papà Paolo sono state finalmente ascoltate. E’ una delle notizie più scottanti del momento quella riguardante la riapertura, da parte della Procura di Rimini, del caso Marco Pantani. Il pirata, uno dei ciclisti italiani più famosi ed amati dai patiti di questo sport e non solo, fu ritrovato privo di vita in un residence riminese il 14 febbraio di dieci anni fa. Un San Valentino indimenticabile, purtroppo, per i genitori di Marco Tonina e Paolo Pantani, che da sempre urlano al mondo che il loro figlio non ha abusato volontariamente di sostanze stupefacenti. Quelle grida d’ aiuto sono state ascoltate ed ora, a distanza di un decennio, riparte l’ inchiesta: si indaga contro ignoti per omicidio volontario.
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PANTANI CHIESE AIUTO. L’ avvocato della famiglia Pantani Antonio De Rensis, coadiuvato dalla consulenza medico-legale offerta dal dottore Francesco Maria Avato, sta tentando di ricostruire la catena di eventi che portò il pirata a perdere, a soli 34 anni, la vita nella stanza D5 del Residence “Le Rose”. Il campione di ciclismo viveva un periodo particolarmente buio: nel 1999 era stato accusato di doping dopo aver quasi vinto il Giro d’ Italia. A due tappe dalla fine della competizione, al pirata fu riscontrata una eccessiva densità del suo sangue e per questo fu immediatamente squalificato. Alla conclusione della sua carriera seguirono i sospetti sulla “pulizia” di Pantani: secondo le ultime indiscrezioni, però, il ciclista non risultò mai positivo al controllo antidoping prima di quella maledetta notte di San Valentino.
La riapertura dell’ inchiesta ha fatto emergere delle verità inquietanti. La sera della sua morte, Pantani non sarebbe stato solo nella stanza D5. La prova di questa tesi sarebbe proprio la stanza stessa: disordinata ma non troppo, all’ interno della quale sarebbero stati rinvenuti resti di alimenti non particolarmente graditi al professionista. Altri dettagli angoscianti emergerebbero dalle analisi effettuate sul corpo di Pantani: il cadavere presenterebbe una serie di escoriazioni e segni di trascinamento incompatibili con una “semplice” morte da overdose; inoltre, Marco Pantani avrebbe contattato per ben due volte la reception del Residence poco prima di morire: perchè? Secondo il legale della famiglia, il pirata avrebbe chiesto aiuto. Se avesse voluto togliersi la vita, perchè avrebbe dovuto chiamare i soccorsi?
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VICINI ALLA VERITA’? La morte di Marco Pantani, insomma, sarebbe un caso di omicidio “travestito” da suicidio. Chi avrebbe potuto volere la morte del pirata? Prima della sua morte, Marco Pantani era rimasto invischiato in un giro di droga molto “scottante”. Erano coinvolte persone importanti in traffici parecchio loschi: forse qualcuno ha deciso di farlo tacere per sempre, per paura che parlasse? Altro dettaglio importantissimo riguarda la superficialità delle indagini medico-legali condotte nel corso della prima autopsia, durante la quale fu resa nota la probabile ora della morte del ciclista, totalmente sbagliata. Errore umano o sabotaggio? La speranza è che, con la riapertura delle indagini, Tonina e Paolo Pantani possano non solo rendere giustizia alla memoria del proprio figlio, ma ritrovare anche un pò di quella pace perduta quel maledetto San Valentino di dieci anni fa.