Perché Matteo Renzi ha incontrato Silvio Berlusconi? Il progetto di dare all’Italia un sistema elettorale in grado di garantire la governabilità è obiettivo secondario nelle strategie di lungo periodo del leader del partito democratico. Occorre porre attenzione all’obiettivo di lungo periodo: il superamento del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato in un organi rappresentativo di secondo livello, con membri, cioè, non eletti, ma tali perché o sindaci di grandi città o consiglieri regionali. Un obiettivo di portata storica in grado, se raggiunto, di garantire la velocizzazione del processo di formazione delle leggi, la riduzione drastica dei costi della politica e un migliore coordinamento tra politiche degli organi di governo nazionale con quelli a livello locale.
In questo modo Renzi si è garantita le luci della ribalta politica in maniera permanente, e non rischia di vedere la sua immagine logorata dalle vicende del governo Letta, perché si è ritagliato il ruolo di fulcro del processo di riforme costituzionali, che porterà alla Terza repubblica.
L’incontro con Berlusconi ha portato in avanti le lancette della politica italiana di qualche decennio, perché si è tolto di mezzo il potere di interdizione di Alfano, il quale è il vero sconfitto di questa fase della politica italiana perché la sua immagine e le sue parole puzzano di vecchio, nel momento in cui dice che “non si possono fare le riforme senza di lui”. Altro interlocutore tagliato fuori è Enrico Letta, il quale al governo ha il compito di occuparsi della gestione ordinaria dello Stato in attesa del nuovo inizio rappresentato dal nuovo sistema costituzionale, nel quale sara Renzi e non lui, il candidato premier del Pd.
E se per caso le riforme non dovessero realizzarsi? Renzi potrà sempre dire che il fallimento non è colpa sua e, per questo, avrebbe sempre frecce al proprio arco da usare in caso di nuove competizioni elettorali.
E Grillo? Il M5s è, ancora, una volta fuori dai giochi, per sua scelta, ma, nel caso in cui la situazione economica del Paese dovesse precipitare e il sistema politico non fosse in grado di riformare se stesso, egli sarebbe sempre pronto a raccogliere i frutti della strategia isolazionistica ad oltranza che ha deciso di sposare, ma corre il rischio di non contare niente se l’asse Renzi-Berlusconi raggiungesse appieno i suoi obiettivi.