Sergio Marchionne non ce l’ha fatta: dopo le preoccupanti indiscrezioni circa il suo grave stato di salute, in queste ore si è appreso che il manager italo-canadese è spirato nell’ospedale universitario di Zurigo, a 66 anni. Il dirigente era stato ricoverato alla fine di giugno per un intervento alla spalla destra, e da quel momento le sue condizioni si erano aggravate repentinamente, costringendo anche FCA a convocare un consiglio d’amministrazione d’urgenza per anticipare la nomina di Mike Manley come nuovo amministratore delegato dell’azienda.
La sua ultima apparizione era stata quella del 25 giugno, quando, nonostante fosse già visibilmente affaticato, non aveva voluto rinunciare a presenziare alla cerimonia di consegna di una Jeep ai Carabinieri.
Definito anche il “manager col maglione” per il suo look caratteristico che lo portava ad indossare sempre un maglione scuro con camicia perché, come ha dichiarato più volte: “lavoro sodo, non ho tempo per cravattini e camicie inamidate”, Marchionne è riuscito, nei suoi 14 anni di gestione imprenditoriale, a salvare il Gruppo Fiat da una grave crisi che l’aveva colpito proprio agli albori del 2000. Nato a Chieti il 17 giugno del 1952, in carriera il dirigente italo-canadese ha ricoperto diversi ruoli di rilievo: oltre ad essere stato amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, è stato anche presidente di CNH Industrial N.V., di Ferrari N.V. e presidente e amministratore delegato di Ferrari S.p.A. Inoltre ha ottenuto anche la carica di vicepresidente di Exor e la nomina come membro permanente della Fondazione Giovanni Agnelli.
Nato da Concezio, maresciallo dei Carabinieri, e da Maria Zuccon, veneto-istriana, dopo l’infanzia vissuta a Chieti, Sergio Marchionne si trasferisce a 14 anni insieme alla famiglia in Ontario, in Canada. Qui decide di iscriversi all’Università di Filosofia e, a proposito di questa sua scelta, ha sempre affermato: “Quando ho iniziato l’università in Canada, ho scelto filosofia perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me”. In un secondo momento consegue anche la laurea in Legge presso la York University dell’Ontario e comincia a lavorare come commercialista, procuratore legale e avvocato. Ben presto, però, decide di abbandonare la professione forense per iniziare la sua carriera da dirigente, cominciando a muovere i primi passi alla Deloitte Touche come avvocato commercialista, prima di divenire direttore dello sviluppo aziendale al Lawson Mardon Group di Toronto.
Dopo aver ricoperto altri incarichi dirigenziali, la prima svolta avviene nel febbraio del 2002, quando diventa amministratore delegato della SGS di Ginevra, una società che si occupa in tutto il mondo di servizi di ispezione, certificazione e verifica e che vanta più di 50mila dipendenti. Grazie alla sua attività manageriale, Marchionne riesce a risanare i bilanci dell’azienda, cominciando a farsi apprezzare negli ambienti economici e finanziari internazionali.
Entra in orbita Fiat a partire dal 2003 quando, per volontà di Umberto Agnelli, viene inserito nel Consiglio di Amministrazione del Lingotto. Proprio in seguito alla morte di Agnelli e alle dimissioni dell’amministratore delegato Giuseppe Morchio, nel 2004 il manager italo-canadese ottiene la nomina a nuovo ad del Gruppo Fiat, che in seguito cambierà il nome in Fiat Group Automobiles. Sono anni difficili per l’azienda italiana, giunta addirittura sul baratro della crisi, e proprio Marchionne è chiamato al difficile compito di rilanciare lo storico marchio automobilistico italiano. In seguito ad una serie di contrasti interni con il dirigente austriaco Herbert Demel, a partire dal 2005 il dirigente originario di Chieti assume direttamente il controllo di Fiat Auto.
Proprio sotto la gestione Marchionne, il gruppo automobilistico italiano prova a rilanciare la sua sfida sul mercato, lanciando nuovi modelli quali Alfa 159, la Nuova Fiat 500 e soprattutto la Grande Punto che, nel 2006-2007, si afferma come auto più venduta in Italia. La crescita dell’azienda è sotto gli occhi di tutti, con il titolo Fiat che passa da un minimo di 4 euro del 2005 al punto massimo di 23 euro del 2007, assestandosi poi intorno ai 13 euro, per scendere di nuovo sui 3,94 euro nell’aprile del 2012.
La mossa vincente di Sergio Marchionne, che all’epoca è stata definita addirittura azzardata se non disperata da diversi addetti ai lavori, è quella di puntare, a partire dal 2009, ad acquisire altri gruppi automobilistici per contrastare la pesante crisi economico-finanziaria che attanaglia tutto il mondo. E così, nell’aprile del 2009, dopo serrate trattative con il governo statunitense e con i sindacati, arriva l’acquisto di Chrysler, con un accordo che prevede l’acquisizione da parte del Lingotto del 20% delle azioni della società americana, lanciando così una sinergia tra le due aziende. Proprio il gruppo statunitense trae profitto da questa manovra, infatti nel 2011 viene annunciato che, dopo anni di passivo, l’azienda è tornata ad avere un utile in attivo, con profitti pari a 116 milioni di dollari.
Dopo aver lanciato e affermato il progetto FCA, Sergio Marchionne apre una trattativa con General Motors per l’acquisizione della Opel. L’accordo però fatica ad arrivare e, addirittura, in un certo momento si parla di un sorpasso da parte di Magna International. La verità, invece, è che General Motors decide di interrompere qualsiasi trattativa per la vendita, puntando a rilanciare da sé il marchio tedesco, anche a costo di sacrificare qualche importante stabilimento.
Durante la sua attività da amministratore delegato di FCA, Marchionne deve fare i conti anche con le difficoltà dei dipendenti del gruppo, stilando una lunga lista di stabilimenti da chiudere o da ridimensionare, prospettiva che apre delle serrate controversie con i sindacati dei lavoratori. Su tutti, fa discutere la situazione di Termini Imerese, storico impianto siciliano che dà lavoro a quasi duemila persone. Infatti nel 2010 s’infiamma il dibattito tra l’azienda automobilistica e il governo italiano sull’opportunità di tenere aperto o meno lo stabilimento, o di intervenire con degli incentivi statali.
Insomma, Sergio Marchionne è stato indubbiamente il dirigente che, in una fase davvero complessa della storia della Fiat, è riuscito a rilanciare le vetture e le azioni dell’azienda, attuando anche delle strategie che, se in un primo momento sembravano piuttosto azzardate, alla realtà dei fatti si sono dimostrate, invece, vincenti, come la realizzazione del Gruppo FCA, nato proprio dall’intuizione che, per uscire dalla crisi, era necessario avviare un’acquisizione-fusione con un altro grande marchio. Del resto, se è riuscito a mettere d’accordo due presidenti degli Stati Uniti agli antipodi come Barack Obama e Donald Trump che hanno sempre avuto parole d’elogio verso di lui, vuol dire che l’apporto dato da Marchionne al settore dell’auto e dell’imprenditoria in generale è stato per certi versi determinante, tracciando una strada che molto probabilmente verrà seguita per molti anni anche dai suoi successori.
Patrizia Gallina