Uscito nelle sale cinematografiche italiane il nove Gennaio, film che sembrava dover soccombere alla concorrenza spietata di Sorrentino e de “La Grande Bellezza”, il film di Paolo Virzì “Il capitale umano” continua la sua marcia spedita verso importanti traguardi. Ai David di Donatello Sorrentino e “La Grande Bellezza” si aggiudicano nove statuette, mentre Virzì ed “Il capitale umano” se ne aggiudicano sette. Diversa, però, è l’importanza dei premi che Paolo Virzì da Livorno e la sua opera sono riusciti ad accaparrarsi, tra gli altri gli importantissimi David per: Miglior film, Miglior sceneggiatura, Miglior attrice protagonista, Miglior attrice non protagonista, Miglior attore non protagonista. Sorrentino, invece, porta a casa solo due riconoscimenti davvero importanti: Miglior regia e Miglior attore protagonista. Tornando a Virzì, è importante ribadire le altre affermazioni, ottenute quest’anno dal regista, grazie al suo “capitale umano”: svariate nomination ai Nastri d’argento, Miglior film al Globo d’oro e due nomination, quattro vittorie ai Ciak d’oro, Miglior attrice protagonista al Tribeca Film Festival ed una nomination.
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Paolo Virzì da Livorno con “Il capitale umano”, film liberamente ispirato al romanzo omonimo di Stephen Amidon, riesce quindi a convincere le giurie ed, in genere, ben riesce a catturare l’attenzione della critica. Il film è basato su una storia di breve durata, vista e rivista da punti di vista differenti grazie al montaggio azzeccato e la tecnica della vista a più camere, inusuale per un film che non sia hollywoodiano. “Il capitale umano” nasce da un’ idea eccellente, confluisce nel film che grazie alla suddivisione in capitoli, molto in voga nella contemporaneità registica, si distingue per la sua leggerezza e per la differente interpretazione che lo spettatore può e riesce a dare grazie alla bravura del cast.
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Un particolare tipo di situazioni descritte nel film, che in altri contesti risulterebbero pesanti, grazie ai fantastici Bentivoglio e Bruni Tedeschi, oltre a Golino riescono ad essere fluide, leggere, adatte alla modalità del regista di descrivere uno spaccato di mondo. Lo spaccato descritto è quello dell’ universo economico-speculativo, con le differenti figure di Bentivoglio e Gifuni, rispettivamente speculatore edilizio il primo, speculatore finanziario il secondo. Al loro fianco, rispettivamente, le mogli Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, la prima psicologa poco incline al saper reggere situazioni, la seconda ex fugace stella teatrale divorata dal matrimonio e dalle proprie disponibilità economiche. I figli delle coppie sono lo spaccato di una gioventù che cresce nell’ agiatezza senza avere un minimo merito; sullo sfondo la storia del paziente della Golino, che diventa fulcro della pellicola, in un certo senso.
Tutto questo giro di figure e spaccati di vita sono portati in scena da Virzì nella zona brianzola, terra che per tradizioni ben si adatta ad un lavoro, all’ inserimento contestuale di quel “capitale umano” di Virzì che per certo ha tirato fuori dal cilindro un film di spessore, raccontando di un’ economia che ha il peccato di trascinare le persone in storie senza corpo. Lo spaccato di mondo descritto ne esce dunque cupo e pungente, ma leggero; merito del regista, che riesce a far passare come accettabile e comprensibile, come deve essere in ogni caso, un mondo che per molti è solo un sentito dire, ma che da una buona fetta è un qualcosa di almeno tangibile e che, in assenza di problemi umani di fondo, vuole essere giudicato per ciò che davvero è: fine a se stesso.