Processato dal Tribunale del Somaliland grazie alle insistenti battaglie della madre, lo stupratore è stato condannato ad 8 anni per le brutali violenze alle quali aveva sottoposto la sua vittima. Ironia della sorte però, la Camera degli Anziani della Comunità ha rilasciato il mostro, quantificando i danni subiti dalla bambina ad un risarcimento beffa di 400 dollari circa, accettato dal padre dell’undicenne. Ferita nel corpo e nell’anima, la giovanissima vittima non ha retto allo stress: lo scorso gennaio, l’undicenne del Somaliland si è arsa viva, uccidendosi nel modo più doloroso e brutale che si conosca. Una sorta di processo di purificazione per levarsi di dosso, almeno nella morte, l’odore e le manacce del mostro di Sanag.
La Polizia dello Stato africano ha archiviato il suicidio della ragazza come “incidente”, come se l’evidenza andasse negata, sempre e comunque. Dura l’accusa di ActionAid, che ha seguito da vicino le vicissitudini della bimba. “Ogni criminale che resta impunito testimonia l’indifferenza delle autorità, degli anziani, dei padri e del leader religiosi rispetto al dolore delle vittime”, ha dichiarato il Segretario Generale di ActionAid Italia Marco De Ponte. “La bimba ed altre donne chiedono giustizia”. Anche in uno Stato non ancora riconosciuto.