Oltre che dal punto di vista puramente concettuale, in “Everest” è evidenziato a chiare lettere tramite le parole dei protagonisti quelle che sono le stesse leggi fisiche. Arrivare in cima a ben metri 8.848 di altezza alterano significativamente l’organismo degli scalatori, ponendo nelle parole dei capi squadra l’accento su quanto un uomo a quelle altezze risulti essere destrutturato ed assente dalle proprie membra come in nessun’altra circostanza.
“Everest” di Baltasar Kormakur è un film dalla trama di facile intuizione: l’ascesa verticale fino alla cima del monte avvenuta realmente nel 1996. I protagonisti dell’impresa, giunti in elicottero al primo step, approdano al “campo base” all’altezza di circa quattromila metri, per salire gradualmente di circa mille metri, passando per i campi 1,2,3 , di quote (circa) cinquemila, seimila, settemila, partendo da questa altezza per approdare sulla parete e raggiungere l’agognata quota degli 8.848 metri. Il giorno dell’approdo alla vetta era stabilito per il 10 Maggio 1996 con buone condizioni climatiche, smentite infine da una paurosa e mortale tempesta ghiacciata che provocò la morte di 8 persone.
Tramite un sapiente montaggio e con scelte registiche in parte discriminanti , “Everest” dà un taglio bellissimo delle vite stesse e delle caratteristiche personali degli scalatori che partirono per raggiungere la vetta. In particolare l’inizio del film è didascalico nel portare in risalto i diversi comportamenti degli scalatori, più o meno intimiditi al cospetto della scalata. Le stesse caratteristiche umane vengono successivamente evidenziate nei campi (base, 1,2,3) con la contrapposizione fra l’ego degli scalatori ed il timore reverenziale che man mano, andando sempre più in alto pervade gli animi di tutti ponendo l’accento su come, alzando sempre più l’asticella della “sfida”, ognuno si preoccupi maggiormente della propria sopravvivenza a discapito di tutto il resto, con una lotta quasi dichiarata tra i vari protagonisti, eccezion fatta per qualche gesto ben sottolineato.
In tutto questo materiale parecchio interessante, la fanno da padrone le bellissime riprese di una montagna che tramite la fotografia appare più che mai maestosa, un’ottima alternanza fra movimento e stasi; da segnalare le scelte registiche originali e la bellezza dei colori chiari abbinati alla presenza di freddo e gelo grigissimi. A tutti gli appassionati della montagna, ed a tutti coloro che non disprezzano un cinema, se vogliamo, “adrenalinico”, ma introspettivo, a tutti quanti auguro una buona visione.
Attori protagonisti: Jason ClarKe, Jake Gyllenhaal, Josh Brolin, John Hawkes, Robin Wright, Michael Kelly, Keira Knightley, Emily Watson