Bullismo a Parma, preside pubblica gli insulti: “Ci siamo stufati”

Vittima di bullismo in una scuola mediaPARMA – “Adesso basta insulti e bullismo in chat. È ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro”. Con queste parole il preside della scuola media Sanvitale-Salimbene, Pier Paolo Eramo, ha denunciato il cyberbullismo all’interno del suo istituto usando non più il silenzio ma i. Nella pagina Facebook della scuola, ha pubblicato le conversazioni di alcuni studenti, tutte mirate alla stessa “vittima”, un loro coetaneo. Il preside, nel messaggio, esorta i genitori stessi a intervenire. “Non serve – scrive – andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire di casa. È troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora”.

“Secchione”, “bimbominchia”, “obeso”, “handicappato”… Queste sono solo alcune delle pesanti parole usate da due studenti nelle loro conversazioni su WhatsApp. Il preside, stanco della situazione, ha deciso di “rompere gli schemi” legati al bullismo e rendere pubblica la faccenda. Solitamente infatti, quando vengono denunciati casi simili nelle scuole, gli insegnanti sembrano sempre cadere dalle nuvole. Le vittime spesso si trovano ad essere circondanti dai loro aguzzini e ignorati dai loro docenti. Una sorta di spettacolo dove ognuno ha il suo ruolo. Eramo invece ha deciso di dare voce alla cosa, usando un mezzo di comunicazione di massa proprio per assicurarsi una diffusione del messaggio su ampia scala. “Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina – scrive il preside – Siamo stufi dell’uso sconsiderato e irresponsabile delle parole; siamo stufi dell’assenza degli adulti. E non vogliamo più sentire che era solo uno scherzo, un gioco, che non immaginavamo, che non sapevamo”.

“Ci siamo stufati”, così inizia il suo sfogo on line. Il suo obiettivo principale è la lotta al bullismo ma il dirigente chiama in causa non solo i suoi colleghi ma anche le famiglie degli studenti. Troppo spesso infatti, i genitori assistono passivamente agli eventi, pretendendo che la scuola risolva il problema. Eramo, invece, gli esorta a diventare parte attiva: “È ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro (perché la privacy nell’educazione non esiste), di reagire, di svolgere in pieno il nostro ruolo di adulti, senza alcuna compiacenza, tolleranza bonaria o, peggio, sorniona complicità”. Il timore del preside e di molti docenti è appunto la leggerezza con cui alcuni genitori sottovalutano la faccenda. Per alcuni di loro si tratta solo di “ragazzate”, di scherzi sfuggiti di mano. Eppure non sarebbe la prima volta che si sente parlare di ragazzi, e purtroppo bambini, vittime del bullismo che arrivano a togliersi la vita.

“Gli adolescenti sono spesso inconsapevoli delle conseguenze gravi dei loro comportamenti – ha commentato Patrizia Maestri, parlamentare PD – Per questo vanno aiutati insieme alle loro famiglie affinché possano avere occasioni di formazione e sensibilizzazione”. Non tutti però sembrano condividere l’iniziativa del preside. Il padre di un’alunna dell’istituto critica il suo messaggio accusandolo di voler “assolvere” le colpe dei docenti e della scuola. L’uomo fa inoltre notare che, se da una parte i docenti lottano affinché i ragazzi siano tenuti lontani dalla tecnologia durante l’orario scolastico, dall’altra le nuove riforme scolastiche mirano a proporre e incentivare la tecnologia come mezzo fondamentale nella didattica.