BOLOGNA – Ogni scuola ha una sua storia diversa dalle altre, alcune però sembrano crudeli scherzi del destino. Il 6 dicembre 1990, un aereo militare stava sorvolando il cielo di Casalecchio di Reno quando è precipitato sull’Istituto Tecnico Salvemini. 12 ragazzi di 15 anni sono morti, 88 furono i feriti. Tra questi, molti hanno riportato invalidità permanenti. In Italia, le stragi terroristiche sono riconosciute dalle legge, ma questa però è etichettata come strage civile. A distanza di 25 anni i parenti delle vittime aspettano ancora un’ordinanza per i loro figli, morti sui banchi di scuola.
L’aereo sembra essersi schiantato in seguito a un’avaria. Il pilota è riuscito ad abbandonare il mezzo ma questo non ha lasciato scampo agli alunni della classe IIA, impegnati in una lezione di tedesco. Solo 4 studenti e l’insegnate si salvarono. “Ricevetti una telefonata inverosimile. Mi chiamò un bidello – ricorda il vicepreside, Gianni Devani –Parlava di un incendio, di fumo ovunque. Poi mi parlò di un aereo. E quell’incendio era l’aereo”. Arrivato sul posto, l’uomo ha trovato l’edificio squarciato e molti studenti che per salvarsi si buttavano dalle finestre. 12 ragazzi sono morti, i sopravvissuti non dimenticheranno mai quel giorno. Ancora oggi, a distanza di 25 anni, le nuove generazioni di studenti del Salvemini ogni anno ricordano i loro compagni morti.
L’aereo era partito dall’aeroporto di Villafranca, vicino a Verona. Il pilota era Bruno Viviani, 24 anni, sottotenente dell’aeronautica con 800 ore di esperienza di volo. Il giovane sembra essersi accorto tempestivamente dell’avaria e a lungo ha cercato di comunicare con le torri di controllo di Padova e Bologna. Il pilota, dopo aver cercato di portare l’aereo lontano dal centro abitato, ha raccontato di essersi lanciato dopo aver perso completamente il controllo. L’accusa nei suoi confronti riguarda la scelta di Bologna come luogo per tentare un atterraggio di emergenza. La traiettoria infatti comportava sorvolare sopra zone abitate. Nel 1998 la Corte d’Appello di Bologna assolse il pilota e i suoi superiori, accusati di non avergli fornito l’assistenza richiesta durante l’emergenza.
Per i giudici non c’erano colpevoli, fu una fatalità. I parenti delle vittime subirono quindi un duro colpo dalla giustizia italiana. Ancora peggiore fu l’umiliazione ricevuta con il “risarcimento”. Di comune accordo, le famiglie decisero di accettare i risarcimenti per pagare le cure mediche necessarie; alcuni ragazzi subirono fino a 15 interventi. Le famiglie degli studenti morti e gli enti locali lo rifiutarono per potersi presentare come parti civili nel processo per il risarcimento. “Alla fine – dichiara Devani – i familiari hanno avuto appena il 10% di quanto hanno avuto i familiari delle vittime del Cermis”. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, ha preso un impegno durante la commemorazione delle vittime: portare la situazione all’attenzione del Parlamento.