KUWAIT – Il Kuwait ha annunciato la volontà di richiamare il proprio ambasciatore dall’Iran mentre il diverbio regionale sull’esecuzione del chierico sciita in Arabia Saudita si fa sempre più acceso. L’ambasciata dell’Arabia a Tehran saccheggiata e data alle fiamme lo scorso sabato, dopo la brutale esecuzione del chierico 50enne Sheikh Nimr al-Nimr e di altra 46 persone.
In risposta, l’Arabia Saudita ha spezzato i legami diplomatici con l’Iran, seguita lunedì dai suoi alleati, il Bahrain e il Sudan. Tra i promotori e i sostenitori della pace e della calma nella regione ci sono gli Stati Uniti, l’ONU e la Turchia. I musulmani sunniti in Arabia e gli sciiti in Iran rivaleggiano per il potere in Medio Oriente e sostengono parti diverse nel conflitto in Siria e nello Yemen. L’Arabia Saudita insiste nel ribadire che gli sforzi per la pace in quei Paesi non dovrebbero risentire della disputa, ma critica al contempo il contributo iraniano al processo.
Lo sconvolgente annuncio del Kuwait non chiarisce precisamente come siano state colpite le relazioni tra il Paese e l’Iran. L’inaspettata decisione dell’Arabia di procedere con le esecuzioni, in seguito a presunti crimini legati al terrorismo, ha provocato una reazione di “profondo sgomento” al segretario generale delle Nazioni Unite, mentre gli Stati Uniti accusano l’Arabia di inasprire le tensioni “in un momento in cui dovrebbero diminuire urgentemente”. Le autorità saudite hanno dichiarato domenica di voler irrigidire le relazioni diplomatiche con l’Iran. Il legami aerei e commerciali verranno tagliati e ai cittadini sauditi sarà proibito recarsi in Iran.
Così come il Bahrain, il Sudan e il Kuwait, anche gli Emirati Arabi Uniti hanno ridotto notevolmente le relazioni diplomatiche con il Paese. Lunedì, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha pesantemente condannato l’attacco all’ambasciata saudita, evitando di menzionare la violenta esecuzione. L’Iran ha brutalmente reagito martedì, affermando che l’Arabia Saudita non può tagliare i ponti con Tehran per nascondere i propri crimini.