In un’era dominata da internet e della net economy sembravano un retaggio del passato, ma dopo la crisi economica i distretti industriali sono tornati alla ribalta, confermandosi vero motore del Pil italiano. Insomma sembra ancora esistere un capitalismo all’italiana, nonostante molte delle maggiori imprese nazionali (Pirelli, Telecom e Italcementi, solo per citarne alcune) siano ormai di proprietà straniera. E’ quanto afferma il chief economist di Intesa, Gregorio De Felice, secondo il quale per tracciarne i connotati è necessario studiare le aziende che sono riuscite a resistere alla crisi se non addirittura a rafforzarsi contrastando efficacemente la difficile congiuntura economica. Queste imprese “vincenti” vanno cercate nel folto gruppo di medie imprese che costellano le varie regioni italiane. Sono ben 142 le medie imprese analizzate dall’ufficio studi di Intesa San Paolo e oggetto del report presentato ieri, in occasione dell’inaugurazione del Festival Città Impresa di Vicenza.
Il cosiddetto modello italiano di capitalismo è rappresentato da una nuova classe di aziende di medie dimensioni che persino nel periodo compreso tra il 2008 e il 2014 sono riuscite a far crescere del 10% il fatturato e ad aumentare il numero dei propri dipendenti del 5%. Queste imprese, Intesa ne conta 142, appartengono ai settori più disparati, dall’enogastronomia all’high tech, passando per la chimica e il settore moda. Le accomuna, però, il fatto di essere concentrate in sei regioni, principalmente in Veneto, in cui risiede il 60% delle aziende virtuose. Unica regione meridionale presente nel panel è la Campania, che tuttavia deve accontentarsi di un più modesto 5%.
Ne emerge un ritratto “distrettuale” del nostro Paese, suddiviso in vari aggregati industriali dalla forte connotazione territoriale. Si tratta dei distretti industriali, il cui modello produttivo appare tutt’altro che superato. I distretti sono agglomerati di imprese caratterizzati da un forte ancoraggio socio-culturale ad un determinato territorio. E’ proprio il legame con il territorio a favorire una libera circolazione di idee e conoscenze tecnico-produttive. A confermare il peso della realtà distrettuale sull’economia nazionale sono i dati sulle esportazioni: tra il 2013 e il 2015 l’export dei distretti industriali italiani non solo ha doppiato la performance nazionale (+13.6% contro una media nazionale del +6.3%), ma ha anche superato le esportazioni del settore manifatturiero tedesco, che ha registrato un +7.8%.