STRASBURGO – Secondo il Consiglio d’Europa, in Italia medici ed infermieri che non hanno optato per l’obiezione di coscienza in materia di aborto sono vittime di svantaggi lavorativi diretti ed indiretti. Questa situazione non si limita solamente a discriminare il personale medico, ma continua a mettere in difficoltà le donne che vorrebbero accedere ai servizi d’interruzione di gravidanza.
Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha denunciato questa situazione, considerandola una violazione del diritto alla salute. In alcuni casi le donne che vogliono abortire sono costrette a presentarsi in più ospedali cercando di arrivare in tempo in un luogo dove questa operazione venga resa loro possibile. Spesso nel nostro paese le donne possono essere costrette a presentarsi in strutture private o all’estero, senza avere il sostegno e il controllo delle autorità competenti.
Il Consiglio è intervenuto dopo aver accolto un ricorso della Cgil. “Una sentenza importante perché ribadisce l’obbligo della corretta applicazione della legge 194, che non può restare soltanto sulla carta. Il sistema sanitario nazionale, deve poter garantire un servizio medico uniforme su tutto il territorio nazionale, evitando che la legittima richiesta della donna rischi di essere inascoltata. Questa decisione del Consiglio d’Europa riconferma che lo Stato deve essere garante del diritto all’interruzione di gravidanza libero e gratuito affinché le donne possano scegliere liberamente di diventare madri e senza discriminazioni, a seconda delle condizioni personali di ognuna”, ha commentato Susanna Camusso, segretario generale della Cgil.
Secondo il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si tratta di dati del 2013. Ha aggiunto: “Dal 2013 a oggi abbiamo installato una nuova metodologia di conteggio e nella relazione che abbiamo presentato al Parlamento recentemente non ci risulta una sfasatura. Ci sono soltanto alcune aziende pubbliche che hanno qualche criticità dovuta a problemi di organizzazione. E siamo intervenuti anche richiamando. Siamo nella norma e non c’è assolutamente lesione del diritto alla salute“.