La resistenza batterica agli antibiotici potrebbe divenire, a breve, un grave problema di sanità. La domanda sul perché di tale scioccante verità, trova immediatamente risposta: sono noti, ormai, i livelli preoccupanti che la suddetta problematica ha toccato. Ma siamo, allo stesso modo, a conoscenza dello scarso interesse delle aziende farmaceutiche ad investire, effettivamente, in programmi di ricerca antibiotica più avanzati.
Le recenti notizie ci giungono dal rapporto pubblicato sul monitoraggio della resistenza batterica. Il Governo britannico ha commissionato la ricerca alle autorità sanitarie inglesi ed è stato curato dall’economista Lord Jim O’Neill (membro del Tesoro nel Regno Unito). Si parla di un imminente “apocalisse farmacologica” a meno che la situazione non sarà fermata da un vero e proprio intervento drastico.
La realtà dei fatti è che se gli antibiotici venissero prescritti correttamente e presi altrettanto correttamente, senza esagerare con dosi e tempi, riusciremmo a distruggere completamente l’invasione batterica. In caso contrario, non seguendo le giuste indicazioni, i batteri continueranno a proliferare in quanto l’effetto degli antibiotici sarebbe nullo. Per essere più chiari, il concetto è il medesimo se ci riferiamo ad un farmaco qualunque, anche da banco, come ad esempio un semplicissimo prodotto a base di paracetamolo: se esso viene utilizzato costantemente perde il suo effetto sull’organismo.
Ma non assumendo antibiotici giornalmente, come può essere tanto tragica la situazione? La risposta è nelle nostre azioni quotidiane: ogni giorno mangiamo carne, piuttosto che pesce e tanti altri prodotti presenti sulla nostra tavola che le aziende e gli allevamenti imbottiscono proprio di antibiotici. Attualmente la stima tocca le 50mila vittime in Europa e Stati Uniti a causa di semplici infezioni batteriche. Il rischio è che, senza un provvedimento adeguato, entro il 2050 giungeremmo ad un ritorno al medioevo.