Etiopia, strage al raduno religioso sul lago. Ci sono oltre 170 morti

Strage al raduno religioso in EtiopiaOROMIA (ETIOPIA) – Il numero di vittime tra i presenti al raduno religioso nel grande lago della regione di Oromia, in Etiopia, continua a salite. Finora, i corpi recuperati, e portati ad Addis Abeba, sono 175 ma non si esclude che il numero possa aumentare ancora visto che oltre 100 persone sono ricoverate all’ospedale di Bishoftu. “Vogliamo libertà, vogliamo giustizia”. Questo scandivano gli slogan dei presenti prima che sulla folla venissero sparati gas lacrimogeni e pallottole di gomma. Le autorità hanno negato la responsabilità attribuendo l’accaduto alla presenza di “persone che hanno provocare tumulti per creare il caos”. A contrastare questa versione c’è però la testimonianza diversi video sull’accaduto, uno dei quali pubblicato su Twitter dal direttore esecutivo di Oromia Media Network, Jawar Mohammed.

Secondo i testimoni, la strage è stata compiuta volutamente dalla polizia. I partecipanti al raduno sono stati spinti dagli agenti verso il palco dove si tenevano i discorsi. Per evitare di finire in trappola, molti hanno tentato la fuga che si è invece trasformata in un bagno di sangue. Alcune persone sono precipitate nei fossati che costeggiavano l’arena morendo soffocati sotto il peso di chi cadeva sopra di loro, in molti sono stati schiacciati dalla folla in fuga, altri ancora sono scivolati lungo le scarpate del grande lago dove si teneva la cerimonia e sono annegati.

Al raduno, che si tiene ogni anno sulle rive del lago, c’erano all’incirca 2 milioni di persone. Tra queste, qualcuno ha iniziato a gridare “vogliamo libertà, vogliamo giustizia” incrociando i polsi sopra la testa. Questo “gesto delle manette” è diventato il simbolo della loro lotta da quando, alle scorse Olimpiadi di Rio, è stato compiuto sul podio dal maratone Feyisa Lilesa, medaglia d’argento sui 42 chilometri. Anche lui era originario di Oromia ma dopo la sua “provocazione” non ha più potuto tornare in patria perché minacciato di morte. Da quel momento, secondo quanto ha denunciato Human Rights Watch, il governo ha ucciso 400 oppositori e ne ha arrestati decine di migliaia.