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Pizza napoletana candidata patrimonio Unesco, a dicembre il responso

Sono state raccolte 2 milioni di firme affinchè l’arte dei pizzaioli napoletani ottenga il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’Unesco. La decisione in merito alla pizza sarà presa tra il 4 e l’8 dicembre a Seul, in Corea del Sud. La spinta finale alla raccolta delle firme è stata data dalla straordinaria mobilitazione di Coldiretti, che nel weekend ha allestito sul lungomare Caracciolo di Napoli appositi banchetti.

Il percorso volto ad ottenere questo riconoscimento è iniziato 7 anni fa. Nel 2010 la pizza napoletana è stata riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dall’Ue. Adesso l’obiettivo , sottolinea la Coldiretti, è quello di “un riconoscimento internazionale di fronte al moltiplicarsi di atti di pirateria alimentare e di appropriazione indebita dell’identità”. L’adesione della Coldiretti, insieme all’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, e alla fondazione UniVerde dell’ex ministro dell’Agricoltura Alfonso Pecoraro Scanio “ha creato tutte le condizioni per raggiungere un risultato storico per il prodotto simbolo dell’identità nazionale”.

Questo nuovo passo è volto a tutelare i consumatori da pizze realizzate con prodotti non italiani, ma secondo l’Accademia pizzaioli anche un settore che vale 10 miliardi di euro, 100 mila posti fissi di lavoro e 50mila nel fine settimana. In Italia nelle circa 63mila pizzerie presenti sul terriotrio si sfornano circa 5 milioni di pizze al giorno. Secondo un sondaggio della Coldiretti circa il 39% degli italiani ritiene che la pizza sia il simbolo culinario dell’Italia, e  per l’8% la parola pizza è la più conosciuta all’estero.

“Il riconoscimento dell’Unesco avrebbe dunque un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Monclavo, aggiungendo anche che “è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”.