Da circa 500 anni gli studiosi si interrogano su quale sia la causa della morte degli Aztechi. Fino ad oggi si era a conoscenza del fatto che nel 1545 scoppiò una misteriosa patologia che colpì il Messico e parte del Guatemala. Questa patologia colpì circa l’80% della popolazione, uccidendo 15 milioni di Aztechi. Questa malattia portava febbre alta, mal di testa, perdita di sangue da occhi, bocca e naso, e la morte nel giro di tre o quattro giorni. Gli Aztechi chiamavano questa patologia “cocolitzli” che significava pestilenza.
Lo scorso gennaio un gruppo di ricercatori universitari ha individuato il batterio responsabile. I ricercatori, sulla rivista Nature Ecology Education, hanno spiegato che si trattava probabilmente di una febbre tifoide. Questo perchè durante l’analisi dei denti di 29 scheletri sepolti in un cimitero creato per raccogliere le vittime dell’epidemia, gli scienziati hanno rivelato la presenza del genoma del batterio della salmonella enterica, responsabile di varie patologie tra cui il tifo.
Secondo gli esperti questo batterio si diffondeva attraverso acqua e cibo infetti e potrebbe essere approdato in America latina attraverso gli animali domestici dei soldati spagnoli. La diffusione dell’epidemia è avvenuta infatti subito dopo lo sbarco degli spagnoli sulle coste centroamericane, questa ipotesi è dunque da avvallare. Il batterio della salmonella enterica è l’unico che è stato rivelato, tuttavia è anche possibile che altri agenti patogeni abbiano contribuito al diffondersi della malattia è che questi non sono però ora rintracciabili.