Il 19 luglio 1992 è una data che resterà per sempre scolpita nella memoria del nostro Paese, come uno dei giorni più funesti della nostra storia. Esattamente 26 anni fa, infatti, rimasero uccisi da un attentato di stampo mafioso consumatosi in via D’Amelio, a Palermo, il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta formata da Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Un’autobomba piazzata in una Fiat 126 carica di 90 chilogrammi di esplosivo, li fece saltare in aria alle ore 16:58.
Oggi, dunque, è il giorno del ricordo commosso, ma anche del richiamo alle istituzioni affinché, a 26 anni di distanza dalla strage, venga fatta finalmente chiarezza sui numerosi interrogativi che ancora aleggiano attorno alla morte dell’eroico magistrato siciliano. Tra coloro che sono intervenuti per rendere omaggio alla memoria di Paolo Borsellino e della sua scorta c’è stato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale ha lanciato un vero e proprio appello, affermando: “Non smettere di cercare la verità su quella strage”. Nel suo discorso, il Capo dello Stato ha definito “vivo” il ricordo delle vittime dell’attentato di via D’Amelio, ricordando come Borsellino sia stato un giudice “esemplare, probo, riservato, coraggioso e determinato”.
Mattarella, inoltre, ha sottolineato che le inchieste portate avanti dal magistrato siciliano hanno posto delle basi solide per contrastare efficacemente la mafia in Sicilia, aggiungendo che insieme a Giovanni Falcone, Borsellino a tutt’oggi rappresenta “il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende alla criminalità organizzata”.
In mattinata è intervenuto anche il Prefetto di Palermo, Antonella De Miro che, a margine della messa officiata nella chiesa di San Francesco Saverio, in ricordo delle vittime dell’attentato mafioso del 19 luglio 1992, ha affermato che il grande esempio fornito da Borsellino e dai suoi uomini, morti per difendere la giustizia dalle angherie della mafia, deve dare la forza alle istituzioni di oggi per portare avanti la “difesa della legalità”.
Intanto, proprio alla vigilia del 26° anniversario della strage di via D’Amelio, è intervenuta Fiammetta Borsellino, figlia del giudice assassinato da Cosa Nostra, la quale ha scritto una lettera aperta al quotidiano “La Repubblica”, nella quale ha posto 13 domande alle istituzioni, riguardanti una serie di punti oscuri sulla morte del padre e sull’inchiesta successiva, che ancora oggi risultano avvolti nel mistero. La donna, infatti, ha parlato chiaramente di un “depistaggio iniziato nel 1992, ordito dai vertici investigativi ed accettato da schiere di giudici”.
In sintesi, Fiammetta Borsellino ha chiesto come mai, dopo l’assassinio di Giovanni Falcone, le istituzioni preposte alla sicurezza non attuarono tutte le procedure necessarie per tutelare la vita del padre che, ormai, era diventato chiaramente il prossimo obiettivo della mafia. Inoltre vuole chiarezza sulla scelta di indicare, per un’inchiesta così delicata e drammatica come quella sull’attentato di via D’Amelio, una procura di magistrati chiaramente carente di competenze su fatti legati alla mafia. Sulla scomparsa dell’agenda rossa nella quale – si dice – il magistrato aveva annotato gran parte degli esiti delle sue indagini, nonché nomi scomodi del mondo della politica e delle istituzioni, la donna ha denunciato uno scarso controllo della zona in cui si consumò la tragedia, che avrebbe favorito la sottrazione del prezioso reperto. Chiamando in causa Giuseppe Ayala, ex pm e a quei tempi parlamentare, ha ricordato che questi in diverse occasioni ha riportato delle versioni discordanti sulla vicenda. Infine ha elencato una serie di punti riguardanti il falso pentito Scarantino, e una serie di mancanze legate a verbali, interrogatori e inchieste condotte su di lui e sui collaboratori di giustizia Cancemi, Di Matteo e La Barbera.
“Continueremo con martellanti richieste fino a quando la verità non verrà a galla”, ha aggiunto Fiammetta Borsellino al termine di un’audizione presso la commissione antimafia a Palazzo dei Normanni.
Patrizia Gallina