Dentro le masse di uranio nel reattore 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, esploso nel 1986, sarebbero riprese le reazioni di fissione nucleare.
Questo è quanto riporta la rivista Science, in un’intervista rilasciata da Neil Hyatt, chimico dei materiali nucleari all’Università di Sheffield.
“E’ come se ci fossero tizzoni in un barbecue“, ha detto il professore.
Gli scienziati stanno cercando capire se queste reazioni si esauriranno da sole o se sarà necessario un intervento per scongiurare eventuali incidenti.
I sensori hanno registrato un numero crescente di neutroni, il segnale di una reazione di fissione nucleare, in arrivo da una delle stanze del reattore.
Questo quanto dichiarato da Anatolii Doroshenko, dell’Istituto per i problemi di sicurezza degli impianti di Kiev.
Chernobyl: le ipotesi
Al momento avanza un’ipotesi credibile sui segnali che arrivano dal reattore, lo stesso dove si verificò l’incidente nel 1986.
Coperto da un sarcofago di cemento e acciaio, rafforzato da una nuova struttura nel 2016, gli scienziati ucraini sono convinti che possa trattarsi di una conseguenza della disidratazione del combustibile nucleare rimasto sepolto dopo la catastrofe.
Maxim Saveliev, dell’Istituto ucraino per la sicurezza nucleare, ha detto che “il numero dei neutroni prodotti, ossia il segnale che conferma il processo di fissione in corso, aumenta lentamente“.
L’ipotesi sarebbe quella che, con l’asciugarsi dell’Fcm, siano più facili gli scontri fra neutroni e atomi di uranio.
Se così fosse la reazione di fissione potrebbe accelerare, arrivando così a rilasciare tutta l’energia nucleare in modo incontrollato, a quanto sottolineano gli scienziati.
Le conseguenze potrebbero essere esplosioni, crolli di edifici e comunque rilascio di polvere radioattiva.
Il disastro del 1986
Nessuna presenza umana è ciò che resta della sciagura di Chernobyl, la centrale nucleare esplosa in Ucraina il 26 aprile 1986.
Tutto accadde all’1:23 del mattino, durante un test di sicurezza andato male, con un’esplosione che si verificò al quarto reattore dell’impianto nucleare V.I. Lenin, provocando un incendio che immise nell’aria una quantità di polveri radioattive pari a quella di 500 ordigni, come la bomba di Hiroshima.
Dopo aver cercato di nascondere l’incidente, l’Unione Sovietica ha riconosciuto la gravità della situazione ed evacuato centinaia di migliaia di persone da decine di città e villaggi.
Furono anche mobilitati decine di migliaia di “liquidatori“, dotati di rudimentali mezzi di protezione, per costruire un sarcofago attorno al reattore e cercare di ripulire le aree contaminate.
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Morti e contaminazioni
Subito dopo il disastro, morirono 31 operai dell’impianto e vigili del fuoco, principalmente a causa di malattie acute da radiazioni.
Nubi radioattive hanno contaminato – secondo alcune stime – fino a tre quarti dell’Europa, spaventando il mondo intero.
Migliaia di altre persone morirono in seguito a malattie legate alle radiazioni, come il cancro, sebbene il bilancio totale delle vittime e gli effetti sulla salute a lungo termine rimangano oggetto di intenso dibattito.