In India si guarda ben oltre il reddito di cittadinanza, puntando direttamente ad avviare una fase di sperimentazione atta all’introduzione del cosiddetto reddito universale di base. La proposta arriva da un piccolo Stato che si trova nei pressi dell’Himalaya, il Sikkim, che anche se ha un’estensione territoriale piuttosto ridotta, in realtà è una della aree più prosperose del Paese.
Ad oggi, infatti, il Sikkim può vantare un tasso di analfabetismo che non supera il 2%, è in grado di garantire una casa a tutti i suoi cittadini e, soprattutto, soltanto l’8% della sua popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, a differenza del 30% che attanaglia l’intera nazione. Da non sottovalutare anche l’impegno del piccolo Stato verso la tutela dell’ambiente: già nel 1998 (dunque poco più di vent’anni fa) è stato vietato l’utilizzo dei sacchetti di plastica, mentre di recente è stato introdotto il divieto (a differenza del resto del Paese) di ricorrere a fertilizzanti e pesticidi. A questa sua continua evoluzione e crescita interna, ora lo stato indiano nei pressi dell’Himalaya vuole aggiungere anche il reddito universale di base.
Il provvedimento dovrebbe diventare operativo entro il 2022, anche se ci si sta chiedendo come farà il governo a reperire le risorse necessarie affinché i suoi 610.577 abitanti possano godere della misura. Raggiunto dal “Washington Post”, P.D. Rai, unico esponente nel Parlamento indiano del piccolo Stato, non si è soffermato sulle cifre, sottolineando che il territorio che rappresenta vanta un’economia decisamente in crescita grazie soprattutto all’apporto del turismo e ad un settore idroelettrico che riesce ad esportare addirittura il 90% dell’energia. Le opposizioni, però, fanno notare che l’annuncio della sperimentazione del reddito universale di base è arrivato a poche settimane dalle elezioni, dunque potrebbe essere solo un modo per fare propaganda politica.
Ricordiamo che di questo provvedimento, che mira a garantire una somma fissa a tutti i cittadini al di là delle condizioni economiche, si sta discutendo anche negli Stati Uniti e in Europa, fortemente caldeggiato da grandi esponenti del reparto tecnologico come Elon Musk e Bill Gates, i quali sostengono che il continuo sviluppo dell’intelligenza artificiale nel comparto del lavoro porterà molte persone a perdere i rispettivi impieghi, dunque è necessario predisporre una misura che consenta a tutti di poter avere una risorsa reddituale stabile su cui contare a fronte di una crisi dell’occupazione. In questi ultimi tempi la sperimentazione è partita in Finlandia e in Ontario, ma purtroppo non ha avuto dei riscontri positivi, poiché si tratta di misure che richiedono ingenti risorse finanziarie e che non incentivano le persone a cercare lavoro.
Tornando all’India, l’economista Pranab Bardhan ha affermato che in questo caso si tratterebbe di un’applicazione ben diversa dagli altri Paesi. L’esperto, infatti, ha ricordato che negli Stati sviluppati ci si pone come finalità principale quella di “rendere più economici i sistemi di welfare esistenti”, come ad esempio i sussidi di disoccupazione. Invece, in realtà che hanno dei redditi medio-bassi come l’India, si punta soprattutto a combattere l’instabilità economica che attanaglia gran parte della popolazione senza andare ad influire sulle altre misure introdotte per contrastare la povertà. Il problema principale, nello Stato asiatico, risiede nella corruzione e nell’inefficienza amministrativa che spesso fanno sparire il denaro stanziato per finanziare i progetti di lotta all’indigenza, e proprio per questo motivo in più di un’occasione il Ministero dell’Economia ha spiegato che il reddito universale di base potrebbe rappresentare la soluzione ideale non solo per il Sikkim ma per tutto il Paese.
Patrizia Gallina