Camorra, smantellato il clan Contini: sequestri tra Campania e Lazio

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Roma. Si è conclusa stamattina all’alba l’operazione portata avanti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dalle Direzioni Distrettuali Antimafia: l’inchiesta sul clan dei Contini ha portato a ben 90 individui sotto arresto, secondo quanto disposto dal Tribunale di Napoli, in tutta la Campania, a Roma ed in Toscana. Non solo: oltre agli arrestati, i provvedimenti riguardano anche beni immobili ed aziende, che sono stati ritenuti i centri di piccole associazioni camorristiche sparse in tutta la regione e dintorni. A guidare l’operazione dall’alto, Franco Roberti, Procuratore Nazionale, e Giovanni Colangelo, dalla DDA di Napoli, nonché gli enti romani, che hanno curato i protocolli attivati per la prevenzione dell’infiltrazione del clan Contini nella Capitale ed hanno disposto i sequestri delle attività imprenditoriali toscane. In loco, le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile della Questura di Napoli e dal Gico della Guardia di finanza napoletana. Anche a Roma i malviventi del clan si erano organizzati: uno degli immobili sequestrati è “Pizza Ciro”, che ha tre sedi soltanto nella capitale, tutte e tre ora in gestione alle forze dell’ordine: sarebbero stati usati da tre membri della famiglia Righi, Antonio, Luigi e Salvatore, per il riciclo di denaro derivante dalle attività malavitose, ma in totale sarebbero ben 23 i locali di loro proprietà sequestrati dalla DIA, tra il centro storico ed i palazzi istituzionali. Bar, ristoranti, gelaterie, tutti locali dai nomi che rievocano Napoli, con tanto di personale campano e pietanze ad hoc, per l’atmosfera della vera Napoli: quella della camorra. Perfino Antonio Ingroia, storico simbolo della lotta antimafia, diverso tempo fa si era fatto fotografare da “Pizza Ciro”, ignaro, come tanti vip, del fatto che nei quartieri di maggiore lustro della Capitale fosse radicata niente poco di meno che la camorra napoletana. Tra gli indagati nell’ambito dell’inchiesta, peraltro, della Direzione Investigativa Antimafia c’è anche un funzionario del Ministero dell’Interno, di carriera prefettizia, il quale è stato perquisito. Secondo le indagini avrebbe compartecipato alla consulenza della famiglia Righi ed è quindi indagato per associazione a delinquere con aggravante.

A fare dichiarazioni sul caso è stata l’associazione Libera di don Luigi Ciotti, d’importanza storica per la lotta alla camorra nella regione Campania: “Le mafie stanno scrivendo la nuova guida enogastronomica della Capitale. La ristorazione si conferma la grande lavanderia Italia, dove riciclare e ripulire i soldi sporchi.” Anche la Dia romana ha confermato il sospetto di Ciotti, dopo i sequestri: si parla di una complessa rete di “anelli di congiunzione tra la criminalità organizzata camorristica e il mondo dell’imprenditoria apparentemente legale”. Di fatto, il piano secondo cui i boss napoletani avevano affidato ai tre fratelli Righi la conduzione delle diverse sedi romane farebbe parte di un ampio e sofisticato progetto: i fratelli si erano trasferiti a Roma da Napoli soltanto negli anni ’90, dando alla loro pizzeria il nome del padre, oggi 80enne. Il riciclaggio di soldi sporchi ha continuato a essere il business di famiglia, secondo le accuse della Direzione antimafia, e certo il blitz di oggi potrebbe aver mostrato solo parte dell’organizzazione delle mafie solo nella Capitale.