Boston – Quando la nascita di una nuova vita finisce in tragedia: è andata così per Darlene Hayes, vittima di uno spietato omicidio ad opera di quella che, fino a pochi momenti prima, era la sua migliore amica, Julia Corey, 39enne. Stavano giusto chiacchierando della gravidanza di Darlene, mentre l’altra donna meditava sul proprio aborto spontaneo, avvenuto all’ottavo mese di gestazione: un evento che aveva sconvolto la vita di Julia, tanto da portarla, quel fatidico giorno, a sgozzare l’amica e ad aprirle la pancia, per trarre a sé la neonata prematura e scappare dal luogo del delitto. Dopo due giorni, Julia è stata trovata dalla Polizia in un rifugio, a circa 150 km da dove la donna aveva fatto perdere le sue tracce: lì la 39enne aveva appena finto il parto della piccola “Sheila Marie”, mentre nell’interrogatorio dava la colpa al marito della defunta amica, Roberto Rodriguez, del delitto da lei stessa commesso. La versione, a cui è probabile che anche la stessa 39enne avesse cominciato a credere, è stata portata avanti dalla donna senza mai cedere alle accuse del padre naturale della neonata e della polizia, ma la colpevolezza di Julia era stata già accertata: ora la donna è in attesa della sentenza, che potrebbe anche condannarla all’ergastolo, mentre si tenta di indagare sui possibili disturbi mentali che l’aborto spontaneo di qualche settimana fa e l’efferato omicidio commesso possa aver portato alla psiche della donna.