Yara, ricercati a casa Bossetti fili trovati sul corpo: solida la difesa

Bossetti
Massimo Giuseppe Bossetti

Bergamo – Le indagini sul caso di Yara Gambirasio continuano con le ricerche in casa del suo presunto carnefice: Massimo Giuseppe Bossetti, al quale sono già stati sequestrati computer e telefono. Nell’abitazione dell’uomo si cercano i fili rossi che corrispondano a quelli trovati sul corpo della ragazzina durante l’autopsia. Infatti, una nota foto di Bossetti lo ritrae seduto su un divano al quale potrebbero appartenere le tracce in questione, ma l’uomo è strenuamente difeso dai legali e dai familiari.

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Possono cercare ovunque, tra i computer, i telefonini. Possono guardare dove vogliono. Non troveranno nulla. Non ho ucciso io la povera Yara”: queste le affermazioni categoriche del sospettato, che oggi ha incontrato la moglie in carcere e che la difesa continua a dichiarare innocente. Troppe prove però portano al suo nome e certamente le sue tracce di dna trovate sul cadavere della ginnasta costituiscono un elemento determinante per le indagini. Del resto, le tracce sono state rinvenute in zone del cadavere dove è difficile che possano finire per caso, ma da quest’accusa l’uomo si difende incolpando ignoti che abbiano utilizzato suoi utensili da lavoro per finire la ragazzina.

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Urge, dunque, una prova schiacciante che colleghi Bossetti alla giovane: neanche i video della sorveglianza recentemente scoperti costituiscono una prova tanto importante, nonostante non lascino dubbi sulla presenza di Bossetti nei dintorni di casa Gambirasio la sera di quel 26 novembre. Gli inquirenti sono però sempre più vicini alla verità: per confermare le ipotesi correnti, sono stati sequestrati da casa Bossetti abiti, asciugamani, canovacci da cucina, insomma tutte le stoffe di colore rosso. L’analisi dei tessuti ed una verifica incrociata con le fibre rosse trovate sul cadavere di Yara daranno esito ad alcune delle molte domande che ancora restano irrisolte sul caso.

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Tra il materiale sequestrato, anche due chiavette usb, un tablet, due computer e dieci telefonini: in particolare il gip si è concentrato in fase d’interrogatorio sulle attività sospette del telefono di Bossetti tra le 17,45 del 26 novembre alle 7,34 del mattino successivo. A questa domanda, l’uomo ha risposto che il dispositivo mobile era rotto e la batteria non aveva resistito fino al mattino successivo. Una versione forzata degli eventi successi quella sera, ma comunque non ancora possibile da smentire.