Roma – Non accennano a placarsi le dolorose polemiche dopo la sentenza scandalosa legata al caso Cucchi. Tutti assolti gli imputati per la morte, assurda e misteriosa, del geometra Stefano, nonostante le inconfutabili prove di percosse avvenute in caserma e l’ evidente noncuranza dei medici che prestarono le prime cure al ragazzo, in quel maledetto lasso di tempo percorso tra il suo arresto per possesso di droga ed il suo decesso, avvenuto presso l’ ospedale “Pertini” di Roma il 22 ottobre 2009. La famiglia di Stefano Cucchi, basita ed irritata, non ha mai nascosto la propria delusione per la conclusione di un caso rivelatosi sin da subito complesso, a causa delle numerose implicazioni legate al comportamento, talvolta discutibile, degli organi di Polizia. Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, ha ricevuto un messaggio di apertura da parte del Procuratore Capo di Roma Giuseppe Pignatone, che ha promesso ai familiari del ragazzo la probabile riapertura del caso. La questione, tuttavia, potrebbe non essere di così facile risoluzione tanto da far rilasciare, nella giornata di ieri, una dichiarazione al vetriolo ad Ilaria Cucchi. “Il dottor Pignatone, procuratore capo della Repubblica di Roma ha ricevuto me ed miei genitori e ci ha garantito che avrebbe studiato tutto il fascicolo senza pregiudizi: non sono passate nemmeno due ore e il procuratore capo della repubblica di Roma, dottor Pignatone, ha già capito che i PM Barba e Loi hanno fatto un ottimo lavoro”.
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MOBILITAZIONE SOCIAL. Ilaria Cucchi rincara la dose, noncurante delle accuse mosse contro questa “sorella coraggio” di essere una fomentatrice di odio nei confronti di servitori dello Stato e personale sanitario. La donna, però, è solo alla ricerca di una verità che pare essere negata da quella Giustizia che, reato di spaccio a parte (la famiglia Cucchi non ha mai nascosto le oggettive responsabilità penali del loro congiunto), dovrebbe garantire pari diritti a tutti i cittadini italiani. ” I casi sono due – continua, oramai disillusa, Ilaria Cucchi – o il dottor Pignatone è riuscito in nemmeno due ore a studiare alla perfezione tutto il fascicolo relativo alla morte di Stefano Cucchi, oppure forse oggi abbiamo perso tutti del tempo”.
La verità sulla tragica fine di Stefano Cucchi rimane, ad oggi, avvolta nel più totale mistero. A nulla sono valse le prove fisiche sul corpo del ragazzo, le mobilitazioni di protesta di amici, familiari, gente comune, le testimonianze choc; occorreranno 90 giorni prima di sapere quale sarà – se ci sarà – la svolta decisiva nell’ inchiesta. Nel frattempo, la rete non ha fatto mancare la propria solidarietà alla famiglia Cucchi. Come spesso accade in questi casi, il Web ha lanciato una campagna social per sensibilizzare l’ opinione pubblica sulla storia drammatica di Stefano Cucchi, una delle tante vittime della Giustizia dimenticate da un sistema troppo spesso fallace. La campagna, dal forte nome “ViaLaDivisa”, sta spopolando su Facebook e Twitter, seguita da un’ iniziativa dichiaratamente provocatoria.
Numerosi utenti dei due famosi social network hanno deciso di immortalarsi con un cartello che ben poco spazio lascia all’ immaginazione. “Ad uccidere Stefano sono STATO io” è il claim diffuso in rete, scritto su un semplice foglio di carta bianco, che suona come una tremenda accusa contro un’ intera Nazione, che pare abbia voltato le spalle a Stefano Cucchi, un cittadino italiano morto senza un perchè.
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