Cancro, le scuse di “Science”: l’OMS ribatte sulla prevenzione

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Grande flop per la nota rivista “Science”, che di recente ha pubblicato ben 6 articoli che – anche se non esplicitamente – smentiscono quanto pubblicato in precedenza dal magazine riguardo uno studio sull’incidenza del fattore fortuito nello sviluppo di un cancro. La pubblicazione ha suscitato subito scalpore ed è stata presa come esempio da tutti gli utenti che già giustificano i loro stili di vita poco salutari, tanto che anche l’OMS si è rifiutata di sostenere quanto affermato da “Science” e dall’autore della metafora automobilistica, Cristian Tomasetti. Lo scienziato ha dichiarato che il fattore primario al quale va ricondotta la nascita di un cancro è innanzitutto la mutazione casuale del dna umano, simbolizzata attraverso la metafora di accidentali incidenti tra automobili. Fattori ambientali, ereditari e stile di vita sarebbero solo aggravanti, ma in alcun modo responsabili del fenomeno: è così che ci siamo ritrovati a convincerci che smettere di fumare non diminuisce l’incidenza del tumore ai polmoni, frutto di pura sfortuna, e così via. L’articolo “incriminato” ha avuto così tanto successo da portare l’OMS a dover rimarcare ufficialmente l’importanza della prevenzione oncologica pochi giorni dopo la pubblicazione dello studio su “Science”, ma ormai il putiferio era già scoppiato.

Così, “Science” ha dovuto riconsiderare i termini in cui era stato espresso lo studio e ridefinire, nei 6 articoli di recente pubblicazione, la validità dello stesso. Infatti, sono ancora molti i suoi punti incerti: in primis, i tumori menzionati da Tomasetti comprendono forme molto rare di cancro e ne escludono altre molto comuni. Si tratta di un grave errore di metodo, perché compromette la generalizzazione dello studio all’intero campione degli individui colpiti da tumori. Senza contare, poi, che ovviamente ha un valore molto più elevato che gli esiti riguardino un cancro al seno, piuttosto che uno raro – e quindi meno rilevante agli occhi della popolazione di riferimento. In secondo luogo, l’equipe ha commesso un errore d’interpretazione dei dati: la stessa articolista che ha pubblicato la ricerca di Tommasetti ha ammesso di aver avuto difficoltà a comprendere i risultati dello studio, anche dopo che le era stato spiegato nei dettagli.