Oltre seicento jihadisti sono stati uccisi da un raid russo: a dichiararlo è stato il ministro della Difesa del Cremlino. Non si sa quando: non si conoscono tempistiche e dinamiche. Ma l’importante è che siano stati eliminati. E’ così che si estirpa il Male. O meglio: è così che il mondo occidentale pensa di estirpare quello che ha definitivo come Male. Perché poi si tace il fatto che il Male venga finanziato da parte dell’Occidente. E perché comunque gli interessi economici che ci hanno spinto a colonizzare, prima fisicamente poi finanziariamente, i Paesi del Terzo Mondo non rappresentano certo un modello di Bene.
Siamo davvero sicuri che eliminando i terroristi si uccide anche il terrorismo? Secondo una ricerca diffusa dal Pew Research Center, esiste una minoranza del mondo musulmano che ha una percezione favorevole dell’Isis. E’ un avviso ai populismi europei: l’equazione musulmani-terrorismo è priva di fondatezza e senso logico. Come se per capirlo non bastassero le voci di migliaia di islamici: not in my name. Non nel mio nome, non nel nome della religione musulmana. Ma, allo stesso, questi dati aprono lo sguardo verso un’altra direzione: se è vero che non tutti i musulmani sono terroristi, ci si chiede se il terrorismo islamico coincida esclusivamente con le cellule jihadiste. Si tratta di un’organizzazione criminosa o di un’ideologia che si diffonde nel territorio? E dunque: uccidendo i terroristi si uccide anche il terrorismo?
In Nigeria il 14% della popolazione si dice favorevole all’azione dell’Isis, in Malesia e Senegal l’11%, nell’ “occidentale” Turchia l’8%. Ma si ha una percentuale superiore al 5% anche in Palestina, Burkina Faso e Pakistan. C’è poi da considerare il bacino di coloro che “non sanno o non rispondono”. Gli indecisi, diremmo in un linguaggio da sondaggi elettorali. Sono il 29% della popolazione senegalese, il 25% di quella malese, il 19% di quella turca. Addirittura, il 62% dei cittadini Pakistani. Siamo ancora così sicuri che basti lanciare qualche bomba per distruggere il terrorismo? Non è con la guerra che si annienta un’ideologia. Questo non significa non doversi difendere dagli attacchi alla nostra libertà. Non significa neanche essere buonisti: è una domanda aperta, uno spunto per riflettere su un fenomeno che ha delle radici profonde, che non possono essere sradicate attraverso l’uso esclusivo della violenza. Una soluzione chiara e condivisa non esiste, ma bisogna riflettere. Perché agendo d’impulso si rischia di creare danni maggiori.