Gli scienziati sono piuttosto preoccupati per quanto sta accadendo in Groenlandia, dove i ghiacci si stanno sciogliendo e riducendo più rapidamente del previsto, rischiando di causare danni all’ambiente e anche all’uomo. Infatti il disfacimento dei ghiacciai ha, come prima conseguenza, un innalzamento del livello del mare che, a sua volta, comporta una maggiore erosione delle coste, fino ad arrivare nei casi più estremi alla distruzione di interi centri abitati. Inoltre, uno scenario di questo tipo finirebbe inevitabilmente con l’avere un grosso impatto sulla vita di tantissime persone.
Il nuovo allarme sulle condizioni precarie dei ghiacciai della Groenlandia proviene da un team di ricercatori della Rowan University’s School of Earth & Environment, che proprio in questi giorni hanno pubblicato i risultati del loro ultimo studio, “Nonlinear rise in Greenland runoff in response to post-industrial Arctic warming”, nel quale si sono soffermati sugli effetti che il cambiamento climatico sta avendo sulla grande isola situata tra l’Oceano Atlantico del Nord e l’Oceano Artico. Luke Trusel, responsabile e coordinatore della ricerca, ha spiegato senza mezzi termini che lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia è cominciato intorno alla metà dell’800, ovvero quando gli uomini hanno iniziato a rilasciare nell’atmosfera i gas serra.
Lo studio si è basato su una serie di dati comprendenti modelli climatici, osservazioni e indicazioni satellitari, ma anche su un’approfondita analisi degli strati di ghiaccio presenti sull’isola, ricorrendo a delle trivellazioni mirate anche ad una profondità di circa due chilometri. Confrontando e incrociando i risultati ottenuti da questi approfondimenti, gli esperti hanno constatato che il fenomeno della riduzione dei ghiacci è partito in un lasso di tempo che va da 350 a 100 anni fa, mentre sono molto più sicuri nell’affermare che alla metà del 1800 era già in atto, ovvero da quando la scienza ha cominciato a monitorare le “condizioni di salute” del territorio. L’aspetto più preoccupante emerso dalla ricerca è che i tassi di fusione sono cresciuti vertiginosamente, arrivando fino ad un aumento del 50% del deflusso delle acque ghiacciate, rispetto ad una percentuale del 30% riscontrata nei primi anni del ‘900.
Naturalmente, lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia risulta piuttosto preoccupante per l’ambiente e per il pianeta, perché va ad accrescere il livello delle acque marine, e dai dati pubblicati dagli studiosi pare proprio che questo procedimento si stia verificando ad un ritmo sempre più veloce rispetto agli anni precedenti. La situazione risulta piuttosto delicata anche perché si è riscontrato che, in seguito ai notevoli cambiamenti climatici verificatisi in questi ultimi anni, l’isola dell’America del Nord ora risulta molto più sensibile agli aumenti di temperatura se messa a confronto con la situazione di circa 50 anni fa. Di conseguenza, in questa fase, anche un minimo incremento della temperatura potrebbe dare un’ulteriore accelerata alla fusione dei ghiacciai.
Oltre alla Groenlandia, la ricerca guidata da Luke Trusel ha anche dimostrato che c’è una profonda connessione tra i due Poli della Terra che vanno ad influenzarsi a vicenda. Ad esempio, le due aree si scambierebbero informazioni (a livello del tutto naturale) tramite rapidi mutamenti dei venti, ai quali corrisponderebbero dei più lenti cambiamenti della circolazione oceanica. Guardando in prospettiva, tenendo conto di questa scoperta, gli scienziati hanno dichiarato che, se nel giro dei prossimi 200 anni l’Artico dovesse riscaldarsi, di rimando l’Antartide si raffredderebbe e viceversa, in una sorta di altalena “ambientale” che si sarebbe già verificata durante l’ultima Era Glaciale.
Patrizia Gallina