Omicidio Vannini, Marco e Martina Ciontoli

Martina Ciontoli sull’omicidio Vannini: “Non avevo capito nulla”

Si torna a parlare dell’omicidio di Marco Vannini, morto il 17 maggio 2015 mentre si trovava a casa della fidanzata Martina Ciontoli con la sua famiglia. Lo uccise il suocero, Antonio Ciontoli, con un colpo di arma da fuoco. All’inizio disse che la pistola gli era scivolata, poi confessò di aver sparato per gioco convinto che l’arma non fosse carica. Ad influire sulla morte del ragazzo il ritardo nel chiamare i soccorsi, allarmati dopo ben 110 minuti.

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La sentenza definitiva sull’omicidio di Marco Vannini, morto all’età di vent’anni, si terrà il prossimo 3 maggio. Dopo le recenti parole del fratello, Martina Ciontoli ha scritto alla Corte di Cassazione una lettera. In questa la ragazza ha fatto sapere che oggi ha 25 anni e non sa quante volte abbia desiderato riaprire gli occhi e svegliarsi da quel terrificante incubo. Quando l’allora fidanzato è stato ucciso aveva 19 anni, quella notte cambiò tutto per colpa di suo padre, per uno scherzo. A detta sua lei non aveva capito nulla, si chiede se e quando Marco abbia capito che stava morendo. Per lei è stato difficile rassegnarsi al fatto che il pregiudizio e la volontà riescono a cambiare la realtà agli occhi degli altri.

Martina Ciontoli scrive una lettera e ribadisce che non aveva capito nulla la notte dell’omicidio Vannini

Martina Ciontoli ha fatto sapere che non riesce a parlarne da anni con nessuno, nemmeno con chi le è più vicino. Prova un dolore troppo forte per essere spiegato e capito. A volte le sembra di non riuscire a capire nemmeno l’inferno che ha vissuto e che continua a vivere. La fa star male il fatto di non aver potuto piangere la morte di Marco con i genitori del ragazzo, li considerava una seconda famiglia. A detta sua la odiano per non averli chiamati subito quando Marco stava male, ma lei cercava di capire cosa avesse. Il fidanzato aveva un proiettile in corpo ma lei non lo sapeva e cercava di tranquillizzarlo. Si rende però conto che la loro disperazione è troppo grande per poter avere anche solo il dubbio che le sue siano parole sincere.

La 25enne ha poi detto di non aver mai pensato all’ipotesi del carcere consapevole della verità. Ad oggi si sta però rendendo conto che per come sono andate le cose e per quella ‘realtà costruita’ dovrà confrontarsi con questa possibilità ma non sa se ne è in grado.