Martina Ciontoli e Marco Vannini

Martina Ciontoli: in carcere è deperita e ripete ossessivamente “Quando usciamo”?

Martina Ciontoli si trova nel carcere di Rebibbia da quasi due mesi, da quando la Cassazione si è pronunciata condannando l’intera famiglia. Dovrà scontare una pena di 9 anni e 4 mesi. Stesso destino per il fratello e la mamma, mentre il padre, Antonio Ciontoli, è stato condannato a 14 anni di carcere. Martina si trova nella stessa cella della madre, insieme a un’altra detenuta. Antonio e Federico, invece, sono detenuti nel carcere di Regina Coeli e sono in due celle distinte, come espressamente richiesto dal figlio. 

Come si apprende da Repubblica, Martina da quando è entrata nel penitenziario ha perso molto peso: “ha il volto scavato e lo sguardo perso nel vuoto“. La ragazza, che non si aspettava una condanna di questa entità, ripete ossessivamente “Quando usciamo? Voglio andare via di qui“. Le fa eco la madre, Maria Pezzillo, che ritiene la sentenza un’ingiustizia, non avendo mai voluto la morte di Marco. Martina Ciontoli, secondo le parole dell’avvocato, non ha avanzato richieste particolari circa la sua permanenza in carcere. Durante le giornate, sente telefonicamente il fidanzato con il quale ha una relazione da tre anni. Maria Pezzillo, invece, ha richiesto di poter contattare la sorella e il marito. Presto dovrebbero avere la possibilità di fare dei colloqui. 

L’intera famiglia Ciontoli si è opposta duramente alla sentenza, considerata ingiusta e conseguente unicamente al risalto mediatico del caso. Per questa ragione, sostenuti dall’avvocato Andrea Miroli, si rivolgeranno alla Corte europea dei diritti dell’uomo per fare ricorso contro la sentenza della Cassazione. 

Martina Ciontoli, la lettera scritta prima della sentenza

Pochi giorni prima della condanna definitiva, il Corriere della Sera ha pubblicato una lettera scritta da Martina Ciontoli: Avevo 19 anni, Marco 20, quando una notte, all’improvviso, cambiava tutto. Per mano di mio padre. Per uno scherzo. Io non avevo capito niente. Marco stava morendo. Chissà se e quando lo ha capito anche lui. Non oso neanche pensarlo, è il mio pensiero fisso. La lettera continua con un pensiero ai genitori di Marco Vannini, all’epoca suo fidanzato. Martina si pente di non averli avvertiti subito di quanto stava accadendo. Sostiene che se avesse avuto percezione della gravità della cosa, e non avesse scambiato la tragedia appena avvenuta per un attacco di panico, avrebbe agito diversamente

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