Gli attentati a Parigi di venerdì scorso sono stati prontamente rivendicati dall’Isis. Più di 100 sono state le vittime di un massacro eseguito a sangue freddo, come se a sparare fosse qualcuno senza traccia di umanità. Il Mondo ha reagito con orrore alle stragi, fornendo sostegno ai francesi anche tramite Facebook. In molti, sul social, hanno infatti modificato la loro immagine soprapponendovi i colori della bandiera francese. Gli Stati, tra i quali il nostro, hanno innalzato immediatamente i livelli di sicurezza sul tutto il territorio. Il fenomeno del terrorismo però è stato preso troppo alla leggera, soprattutto in Italia a cui sembra mancare il “pugno di ferro”, visto il pericolo che incombe sul territorio.
L’elenco dei luoghi di principale interesse dove, cioè, gli attentati lascerebbero un’impronta maggiore, includono le città di Roma, Milano, Napoli, Venezia, Torino, Genova, Firenze e Bologna. A queste si aggiungono ambasciate, consolati, istituti di cultura straniera occidentale (in particolar modo francesi e americani), sedi ministeriali, sedi strategiche classificate e obiettivi simbolo (ad esempio il Colosseo o gli Uffizi di Firenze). Seguono poi le basiliche di San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore, San Lorenzo fuori le Mura, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano fuori le Mura, nonché il Santuario del Divino Amore e la chiesa di Santo Spirito in Sassia. Altri possibili bersagli sono le sinagoghe, le scuole ebraiche e i musei.
Il bersaglio di maggior spicco degli attentati è ovviamente Roma e non solo per l’imminente Giubileo, ma anche perché rappresenta il centro della religione cristiana. “Conquisteremo la vostra Roma – aveva annunciato un incaricato dello Stato islamico, Abu Muhammed al Adnanie – Spezzeremo le croci e faremo schiave le vostre donne, con il permesso di Allah”. L’allarme terrorismo è però un problema che avrebbe dovuto generare una serie di protocolli di sicurezza sin dall’attentato alle Torri Gemelle nel 2001. Eppure, lo Stato italiano in tema attentati ha fornito una sicurezza lacunosa. In Italia sono già presenti cellule jihadiste, che in questi anni si sono formate e sviluppate senza difficoltà, pronte ad entrare in azione al minimo richiamo. Queste “cellule dormienti“ in Italia sono una realtà, non un’ipotesi. È pur vero che non è possibile essere preparati ad attacchi terroristici multipli eseguiti in contemporanea e di sorpresa. Lo Stato, però, sembra aver sottovalutato la minaccia silente che alcuni individui rappresentano. Siamo stati “invasi”, e nessuno ha fatto niente per limitare la cosa.
Sul territorio ci sarebbero 820 luoghi di culto registrati, a Roma le moschee sono una trentina. Ci sono però luoghi d’incontro celati ad occhi indiscreti come garage e scantinati, e il loro numero non è ovviamente quantificabile. A peggiorare la situazione ci sono le risorse minime di sicurezza. Seppure nei luoghi maggiormente a rischio le misure preventive sembrano essere, per ora, efficaci, lo stesso non si può dire per le strade e i luoghi “minori” a rischio attentati, dove la sicurezza è minima a causa di mancanza di agenti. La nostra realtà, seppur meno tragica di quella francese, non garantisce la tranquillità ai cittadini italiani.
Il rischio di attentati c’è e rimane alto, e le misure di sicurezza e di controllo della popolazione sono troppo precarie per garantire un sonno tranquillo. Prima di dare le dimissioni come Sindaco di Roma, Ignazio Marino ricordò che “Questo è il primo Giubileo dopo l’11 settembre 2001 e dell’epoca dell’Isis. Tutte le indicazioni che abbiamo dai servizi segreti americani, come mi hanno confermato i Sindaci statunitensi con i quali ho parlato recentemente, parlano di rischi concreti per l’Italia e Roma. E io – aveva allora concluso l’ex Sindaco – Non ho la possibilità di difendere la Capitale dal terrorismo con la Polizia locale”.