New York – Negli Usa si sta considerando la possibilità di vietare i colpi di testa nel calcio giovanile, perché pare che possa causare deviazioni del normale sviluppo cerebrale nei piccoli calciatori. Tutto sarebbe cominciato dall’autopsia di un giocatore professionista americano di 29 anni, Patrick Grange, morto per Sclerosi Laterale Amiotrofica. Si tratta di una malattia neurodegenerativa, in cui i neuroni cerebrali e del midollo spinale che sono alla base del movimento volontario vengono progressivamente neutralizzati e muoiono. Ciò fa in modo che una graduale perdita delle capacità motorie colpisca chi è affetto da SLA, costringendolo a restare prigioniero in un corpo inerme, ma dalle capacità cognitive pienamente preservate. Di fatto, la morte del paziente sopraggiunge quando il sistema respiratorio viene anch’esso colpito da progressiva paralisi e non consente più alle funzioni vitali di sussistere oltre.
Non è stata ancora accertata una precisa causa dell’insorgere di questa malattia, ma la dottoressa Ann Mc Kee, che ha studiato il caso del calciatore 29enne deceduto a causa di questa patologia, ha tentato di farlo. Infatti, l’autopsia sul corpo dell’uomo ha rivelato “importanti e significative lesioni localizzate in prossimità del lobo frontale“, che corrisponde alla zona del cervello dove hanno sede la corteccia motoria primaria e quella premotoria. Queste due aree, infatti, si occupano rispettivamente della pianificazione dei movimenti volontari del corpo e della loro effettiva attuazione. Grange, giovane calciatore semi-professionista, potrebbe aver riportato quelle lesioni al lobo frontale a seguito dei colpi di testa che uno sport come il calcio ha fatto ordinaria pratica per i professionisti del campo.
La dottoressa Mc Kee, neuropatologa ed esperta in malattie neurodegenerative, non ha confermato definitivamente il ruolo dei colpi di testa come causa dell’insorgere della SLA nel 29enne, né tanto meno come unica causa delle lesioni cerebrali. Tuttavia, è certo che essi abbiano aggravato la gravità dei danni e della malattia, velocizzandone il decorso nel giovane. A riprova di ciò, è stata confrontata la sede delle lesioni al lobo frontale con il punto in cui tipicamente il pallone colpisce il capo del calciatore durante un colpo di testa. I due dati combaciano, ma dichiarare senza clausole che i soli colpi di testa causino lesioni cerebrali sarebbe una notizia troppo importante, per essere avvalorata da dati così generici. La pratica negli anni può senz’altro essere considerata un’aggravante, ma per rendere effettiva la scoperta saranno necessarie nuove documentazioni su casi simili.
Inoltre, è noto che nei bambini la calotta cranica sia ancora in pieno sviluppo, così come lo sono tutte le aree cerebrali. Dunque, vietare l’uso dei colpi di testa nel calcio giovanile potrebbe risultare un fattore determinante nella prevenzione di quelle patologie derivanti da disfunzioni e lesioni cerebrali. Se la tesi della dottoressa Mc Kee venisse avvalorata da altri scienziati del campo, si potrebbe raggiungere un’altra importante frontiera nella prevenzione ed anche nella terapia applicata a questo tipo di patologie, come anche l’Alzheimer, ancora irrimediabilmente incurabili… e che forse lo saranno fino alla fine dei tempi.