Firenze – L’ironia ha voluto che il Killer Riccardo Viti fosse incarcerato nel penitenziario di Sollicciano, situato nella stessa zona dove è stato ritrovato il cadavere dell’ultima sua vittima, la prostituta 26enne Andrea Cristina Zamfir. Così, nella periferia sud-ovest fiorentina, l’uomo è incarcerato e sorvegliato da una scorta di agenti. Proprio attraverso questa barriera umana, ieri un manico di scopa lanciato da un altro detenuto ha raggiungo Riccardo Viti, colpendolo senza fare troppi danni. Il killer è stato portato comunque in infermeria, per accertare che non vi fossero danni significativi a seguito dell’episodio. LEGGI ANCHE: “Donne mi rifiutavano”: verità sul Killer di Firenze e la sua cattura L’ironia del gesto è palpabile: è proprio con un manico di scopa che Riccardo Viti stuprava e seviziava le proprie vittime, donne innocenti verso le quali egli motivava un odio che lo ha condotto al femminicidio. La stessa Andrea Cristina Zamfir è morta per lesioni interne, causate proprio da uno di questi strumenti sadici. Ossessionato dai giochi sessuali sadici di cui aveva letto in gioventù da un fumetto erotico, Viti conservava in casa propria attrezzatura di ogni genere. Le perquisizioni nell’abitazione hanno, appunto, portato alla luce una vera e propria scorta di manici di scopa, ma anche una vanga utilizzata per lo stesso scopo malato. In cella, non è più uno spietato killer, sembra piuttosto lo stesso uomo che Paolo De Giorgi notò litigare con una prostituta nel suo furgone: un cittadino dalla vita normale che si ritrova in una situazione per lui anomala. Riccardo Viti ha mostrato il suo vero lato da venerdì scorso, quando è stato incarcerato con una speciale sorveglianza da parte delle guardie del penitenziario. A ben guardarlo il 55enne si mostra spaventato, non è mai uscito dalla propria cella, nemmeno per farsi una doccia o per mangiare. Riccardo Viti si è estraniato dal mondo: non ha mai parlato dal momento dell’incarcerazione, resta immobile nella propria cella, forse meditando sulla propria vita. LEGGI ANCHE: Firenze, il killer delle prostitute ha un nome: Riccardo Viti E’ solo in cella, piantonato dagli agenti affinché non abbia modo di tentare gesti estremi come il suicidio o l’autolesionismo, ma anche per evitare che possa essere aggredito da altri detenuti. Il lancio di quel manico di scopa che l’ha colpito in pieno ieri ne è una prova: potrebbe addirittura suonare come un avvertimento, perché prima o poi il Killer di Firenze non sarà più protetto dalle guardie. Del resto, egli ha ammesso di essere sempre stato rifiutato dalle donne, di aver desiderato una rivalsa nei loro confronti. LEGGI ANCHE: Firenze, crocifissa nuda sotto l’A1: la pista su omicidi di prostitute Un uomo distrutto dal mondo che ha ben pensato di contrattaccare, ma c’erano altre vite in gioco: vite innocenti, vite spezzate per un passato che Riccardo Viti non potrà mai cambiare. Peraltro, l’uomo era sposato ed aveva un figlio: la tipica maschera dell’insospettabile padre di famiglia precario. La moglie del 55enne è ucraina, lavora in una ditta di pulizie, ma probabilmente il vuoto provato da Riccardo Viti non poteva essere colmato da una famiglia amorevole. Questo, perché i serial killer nascondono al mondo un lato di sé che solo le proprie vittime conoscono, prima di morire.