Roma: morto Ciro Esposito, ennesima vittima del tifo violento

Ciro Esposito

 

Ha combattuto fino all’ ultimo, come un gladiatore. Ha fronteggiato un colpo di pistola in pieno petto, affrontato lo stato di incoscienza, gli interventi chirurgici necessari, le varie complicazioni intervenute per via del suo precario quadro clinico. E’ stato in bilico tra la vita e la morte anche ieri, nello stesso giorno in cui la nostra Nazionale incassava l’ ennesima figuraccia, a dispetto degli stratosferici stipendi a cinque zeri che ogni top player porta a casa, a prescindere se compia (o non compia) al meglio il suo dovere. Nessun coro da stadio per il giovane Ciro; solo un lungo, interminabile, doloroso silenzio che ha scandito la sua fine prematura, arrivata come un fulmine a ciel sereno nella prima mattinata di oggi.

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CIRO COME GABRIELE. Ciro Esposito, il tifoso napoletano raggiunto da un colpo di arma da fuoco lo scorso 3 maggio, era un ragazzo semplice, dalla vita lineare e dalla fedina penale pulita. Lavorava, assieme ai suoi fratelli, in un autolavaggio a conduzione familiare, attività messa in piedi per i ragazzi dal papà di Ciro, Giovanni; amava viaggiare, la sua ragazza Simona (che pare avrebbe sposato presto) ed il calcio, in special modo quel Napoli del quale seguiva anche, prudentemente, le partite in trasferta. E’ proprio a causa della sua sana passione calcistica che il 30enne ha trovato la morte. “Galeotta” fu la finalissima di Coppa Italia che gli uomini di Benitez avrebbero dovuto disputare, contro la Fiorentina, sul campo “neutro” dello Stadio Olimpico di Roma. Ciro Esposito si apprestava a raggiungere lo stadio con altri tifosi, a bordo di quel bus che sarebbe diventato tristemente noto a breve.

L’ unica colpa di Ciro – che era stato addirittura indagato in un primo momento per i tafferugli di quel maledetto 3 maggio nella Capitale nonostante fosse già ricoverato, in condizioni disperate, presso il Policlinico Gemelli – era stata quella di essere sceso dal bus per prestare il suo aiuto ad alcuni ultras napoletani, provocati da un gruppo di sedicenti tifosi romanisti, capeggiati da quel Daniele De Santis sul quale ora pende la terribile accusa di omicidio volontario. Era stato il napoletano stesso ad indicare, prima del drammatico oblio durato 50 giorni, De Santis come esecutore materiale del crimine.

La comunità di Scampia, dove Ciro Esposito viveva assieme alla sua famiglia, non riesce a darsi pace e si stringe attorno ai genitori del ragazzo che, nonostante la rabbia per una morte così assurda del loro ragazzo, chiedono a gran voce solo che giustizia sia fatta. Vicini alla famiglia Esposito anche il padre ed il fratello di Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso nel 2007 mentre andava ad assistere ad una trasferta della sua squadra del cuore. Ciro e Gabriele: due ragazzi sorridenti e pieni di vita, uccisi da chi pensa erroneamente che il calcio sia qualcosa per cui valga la pena di stroncare una vita.

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LA FAMIGLIA: “ISTITUZIONI NASCOSTE”. I funerali del 30enne Ciro Esposito, stroncato probabilmente da un’ infezione polmonare, si terranno non prima di venerdì prossimo. Il medico legale, infatti, eseguirà domani mattina l’ autopsia sul corpo del giovane, per definire meglio le cause del decesso. A Scampia, intanto, fervono i preparativi per allestire la camera ardente nell’ Auditorium, mentre l’ avvocato della famiglia Esposito Angelo Pisani ha promosso una raccolta firme per chiedere al Presidente della Repubblica Napolitano di assegnare al ragazzo una medaglia al valore civile: “Non dimentichiamo che è stato ferito e poi è morto dopo una lunga agonia per avere cercato di difendere donne e bambini da un attacco con bombe carta a un pullman di supporter partenopei”. Mentre il Sindaco di Napoli De Magistris ha proclamato con un tweet il lutto cittadino in occasione dei funerali di Ciro, la famiglia del ragazzo si affida ad un ben più lungo comunicato stampa, dove rende noto il desiderio di non avere nessuna carica istituzionale presente nel momento dell’ ultimo saluto al ragazzo.

Ciro è morto per salvare gli altri. Noi chiediamo alle istituzioni di fare la loro parte” recita la nota rilasciata dai familiari di Ciro, che accusano le istituzioni di essere rimaste silenti in questi 50 giorni di dolore. Forti, in tal senso, sono state le dichiarazioni rilasciate dallo zio di Ciro, che ha sottolineato l’ atteggiamento che denota – a suo dire – un clima di squallore tenuto dal sindaco Marino (che non ha mai fatto visita al capezzale del ragazzo) e dalle alte cariche capitoline nei riguardi di suo nipote. “Mio nipote sta morendo- aveva dichiarato nella giornata di ieri – perché quel fascista gli ha sparato, ma anche perché é rimasto a terra un’ ora senza soccorsi. Vogliamo De Santis condannato e Questore e Prefetto a casa per le loro negligenze”.

L’ attenzione sulla drammatica vicenda avvenuta a Roma era, in effetti, stata catalizzata dal ben più (tristemente) noto “Genny ‘a carogna”, re del pessimo gusto (grazie alla sua t-shirt quantomeno discutibile) e dimostrazione tangibile, assieme a De Santis, della “sporcizia” e della corruzione fin troppo presenti nel nostro calcio. Ciro Esposito, però, non era un delinquente. Era un giovane di belle e pulite speranze, colpevole di essere un ragazzo generoso che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e che merita, proprio per questo, una giustizia esemplare.