Per gli amanti del Tim Burton di sempre, “Big Eyes” potrebbe risultare un tantino strano; non si dimentichi tuttavia che è una caratteristica che accomuna tutti i registi legati ad un genere (per Burton è l’ambientazione gotica) il griffare una o più pellicole che si discostino dalla solita produzione. Così “Big Eyes” non è il solito film di Burton, il che può essere interpretato dagli amanti di cinema come una caratteristica positiva della pellicola, un motivo ulteriore per cui si possa credere che valga la pena vedere “Big Eyes”, che non ha comunque una durata proibitiva (105 minuti). Il film di Burton poggia le proprie basi sull’interpretazione davanti alla cinepresa della coppia protagonista già citata Adams e Waltz, con una buona ed azzeccata importanza che Burton attribuisce al carattere, per vari versi inquietante, di Walter Keane e sulla fragilità emotiva di Margaret. Questi dunque gli ingredienti di una ricetta che al box office non ha una posizione che si attesti fra le primissime (ottava lo scorso week-end), ma come l’esperienza insegna non tutto quel che fa numero corrisponde a qualità.